I presidi militari, l’inizio dell’incursione di terra e una escalation da contenere. Questa mattina le sirene di allarme sono risuonate a Tel Aviv e nel centro di Israele. Mentre nella notte le truppe israeliane sono entrate in Libano, coperte da raid aerei. Esplosioni a Damasco, in Siria: attivata la difesa antiaerea. Entra nel vivo la battaglia di terra, anche se al momento senza scontri diretti con Hezbollah. Si tratta di un’operazione «mirata e limitata» spigano da Israele e confermano gli Usa. Una missione per distruggere infrastrutture militari del gruppo sciita. Tutto aggiornato poi a quanto riferito in mattinata dalla tv satellitare al-Arabiya che sulla penetrazione delle forze armate di Tel Aviv ha parlato di una «profondità raggiunta dalle forze israeliane (Idf) di cinquecento metri» in terra libanese. Un territorio dove operano i nostri soldati in missione Unifil.
I quali, in una nota diramata oggi, asseriscono che «qualsiasi incursione in Libano viola la sovranità e l’integrità territoriale libanese e viola la risoluzione 1701». Precisando contestualmente che «nonostante questo pericoloso sviluppo – ovvero l’inizio delle operazioni di terra delle Idf nel Paese dei cedri – le forze di peacekeeping rimangono in posizione».
Aggiungendo inoltre: «Abbiamo piani di emergenza pronti da attivare se assolutamente necessario», ha sottolineato l’Unifil, che esorta le parti a «fare un passo indietro» ed evitare un’ulteriore escalation che «porterà solo più violenza e più spargimento di sangue». «I civili devono essere protetti, le infrastrutture civili non devono essere prese di mira e il diritto internazionale deve essere rispettato”, ha concluso la missione Onu, esortando le parti a rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e la 1701 «come unica soluzione praticabile per riportare la stabilità in questa regione».
Nel frattempo, l’Esercito libanese ha smentito le notizie secondo cui le sue forze si sarebbero ritirate a diversi chilometri dalle zone di confine nel sud. Le Forze armate libanesi hanno ribadito in un post sui social media che «mentre il nemico israeliano continua i suoi attacchi sempre più barbari contro varie regioni libanesi, alcuni media hanno riportato informazioni inesatte sul ritiro dell’esercito dai posti di frontiera meridionali per diversi chilometri alla luce dei preparativi del nemico per effettuare un’operazione di terra all’interno del territorio libanese». Puntualizzando: «È importante per il Comando dell’esercito chiarire che le unità militari schierate nel sud stanno attuando il riposizionamento di alcuni checkpoint avanzati all’interno dei settori di responsabilità loro designati» ed «il Comando continua a cooperare e coordinarsi con l’Unifil», ha concluso l’Esercito.
L’escalation militare israeliana in Libano preoccupa anche il governo italiano. La premier Giorgia Meloni ha avuto diversi contatti telefonici con i ministri degli Esteri, Antonio Tajani, della Difesa, Guido Crosetto, e col sottosegretario Alfredo Mantovano, responsabile dell’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. E si sono riuniti anche i ministri degli Esteri Ue, per concordare una strategia «che mantenga aperta la porta della diplomazia», come spiega il vicepremier Tajani.
Anche perché i bombardamenti contro le milizie Hezbollah e l’annunciata operazione di terra mettono a rischio non solo i nostri connazionali, presenti nel Paese, ma ancora di più i militari italiani di Unifil. Tra i caschi blu della missione Onu infatti ci sono da anni anche un migliaio di italiani, costretti a fermare le attività di pattugliamento lungo la Linea blu, come annunciato dalle Nazioni Unite. È scattato infatti l’“allarme 2”, che limita al minimo gli spostamenti all’esterno della base. Non sarebbe stato – al momento – necessaria l’entrata nei bunker.
Non solo. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto in mattinata una conversazione telefonica con il primo ministro del Libano, Najib Mikati. Al quale, nel rinnovare la vicinanza dell’Italia al Libano e al popolo libanese e nel ricordare i primi aiuti immediati alla popolazione civile stanziati ieri dal governo, il presidente del Consiglio – informa Palazzo Chigi – ha ribadito l’impegno italiano per un cessate il fuoco e una soluzione diplomatica al conflitto che permetta agli sfollati di tornare alle proprie case. L’Italia, anche quale Presidenza di turno del G7, continuerà a lavorare per una de-escalation a livello regionale. La premier ha infine ricordato il ruolo cruciale dei militari italiani presenti nel sud del Libano all’interno della missione UNIFIL, sottolineando l’importanza della loro sicurezza.
Al momento, fa sapere Palazzo Chigi, «pur nella sua drammaticità, la situazione dei nostri connazionali, militari e civili presenti sul territorio libanese, non mostra profili diversi da quelli dei giorni scorsi». L’Italia quindi conferma «la necessità di ogni sforzo diplomatico al fine di riavviare canali di dialogo tra le parti». Dalla Farnesina comunque è partito l’invito ai civili italiani a lasciare il Paese. Quotidiani i contatti con «le ambasciate italiane a Tel Aviv, a Beirut e a Teheran». «Stiamo seguendo minuto per minuto – spiega ancora Tajani – la situazione dei nostri militari nella missione Unifil in un’area molto a rischio, ma non stanno correndo pericoli per ora. Abbiamo avuto garanzie che Israele presterà grande attenzione ai nostri militari. Abbiamo invece ridotto – sottolinea il ministro – la presenza dell’altra missione italiana presente in Libano, che si occupa dell’addestramento dell’esercito libanese».
«Unifil non è l’obiettivo diretto degli attacchi – conferma il ministro Guido Crosetto – anche se l’incremento del livello e dell’intensità degli scontri ne rende possibile il coinvolgimento accidentale». A detta del titolare della Difesa «in questo momento la presenza dei nostri militari è un elemento di garanzia che speriamo possa indurre le parti a una de-escalation».
L’Italia nel frattempo comincia ad attivarsi a sostegno dei civili sfollati: «Ci siamo attivati per la popolazione libanese, ed è arrivato un primo cargo di aiuti dell’Aeronautica». Allo stesso modo, «sono finalmente arrivati gli aiuti dell’operazione Food for Gaza, un’operazione umanitaria per inviare ben alimentari e sanitari» ai civili palestinesi. «Già da qualche giorno sono arrivati i primi container – dice Tajani – che partono dai porti di Brindisi e Gioia Tauro e contemporaneamente è arrivato un volo dell’Aeronautica militare».
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