L’omicidio di Antonio Bellocco, il rampollo della famiglia di ‘ndrangheta rosarnese, ucciso dal capo ultras dell’Inter, Andrea Beretta, apre nuovi scenari sui rapporti tra alcune curve calcistiche e il mondo della mafia.
Beretta, ancora ricoverato in ospedale, invoca la legittima difesa (Bellocco gli avrebbe sparato e lui lo avrebbe accoltellato successivamente per difendersi), mentre la procura indaga sugli affari e sul merchandising del presunto omicida.
Bellocco e Beretta si conoscevano, si frequentavano e la sera prima dell’omicidio avevano giocato insieme a calcetto.
Andrea Beretta è uno dei capi ultras della Curva Nord dell’Inter. Ha un lungo elenco di condanne per reati da stadio, ma non solo: furto, droga, violenza, minacce, lesioni.
Negli anni ha ricevuto diversi Daspo, cioè divieti di accedere alle manifestazioni sportive, che ha più volte violato: l’ultimo, di dieci anni, gli era stato dato anche a seguito di una brutale aggressione a un venditore ambulante avvenuta all’esterno dello stadio Meazza di Milano prima di una partita.
Beretta ha un negozio di abbigliamento e merchandising dell’Inter a Pioltello. Secondo il Corriere della Sera era in società a Cernusco con Roberto Manno, figlio di Francesco e nipote del boss della ‘ndrangheta Alessandro Manno.
Antonio Bellocco era un capo riconosciuto dell’omonima cosca, nata vicino a Rosarno in Calabria ma da tempo radicata anche nel Nord Italia.
Arrestato per associazione mafiosa in un’operazione portata avanti dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, aveva scelto di essere processato con rito abbreviato e nel 2014 era stato condannato a 14 anni di carcere. Nel 2019 c’era stata la condanna definitiva con riduzione di pena a nove anni.
Dopo essere stato scarcerato e essersi trasferito in Lombardia con la famiglia, Bellocco si era avvicinato alla tifoseria organizzata dell’Inter, ma secondo le prime indagini dei carabinieri la lite con Beretta non sarebbe avvenuta per ragioni legate allo stadio.
Beretta ha
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