Molto illuminante lo sfogo del “pentito” di Ultima Generazione, Cesare Paulin, che al Giorno racconta il “dietro le quinte” del movimento di eco-vandali tristemente noto alle cronache. L’ormai ex attivista “è uscito dal gruppo” spiegando come col passar del tempo non ne ha condiviso più né metodi né atteggiamenti, né teorie scientifiche.
Paulin, laureato in Fisica, si è reso conto che gli attivisti di Ultima Generazione non dialogavano, non ascoltavano e prevaleva un atteggiamento “talebano”. Il che non era proponibile per lui, che pure all’inizio condivideva i principi green del gruppo ultra-ecologista. La mania a calare i diktat dall’alto si sarebbe trasformata in una visione oltraqnzista inaccettabile. Quando Cesare, persona preparata, ha voluto discutere con gli organizzatori del movimento sulla necessità di una graduale transizione dal fossile alle energie green sono iniziate le frizioni. “Ho continuato fino a dicembre 2022, fino a quando ho avuto un incontro con il gruppo strategico per esprimere le mie perplessità scientifiche sulle richieste di Ultima Generazione. Ho detto loro che ci sono alcune problematiche: se togliessi la benzina adesso, per esempio, le gente morirebbe di fame. Siamo dipendenti dai combustibili fossili; non si può dall’oggi al domani proibirne l’uso perché la vita umana dipende da questi”.
Paulin, che in passato aveva lavorato al dipartimento dell’Energia del Politecnico di Milano su prototipi di pompe di calore ha detto nell’intervista: “Ho portato l’esempio del nucleare e loro hanno detto che il nucleare non gli piace. Hanno messo la loro personale visione del mondo davanti all’evidenza scientifica; anche se loro portano uno scienziato di nome Mark Jacobson; che fa questi articoli scientificamente molto criticati”. Da un lato “capisco che sia importante far capire che i combustibili fossili siano un problema. Il rischio però è che dopo chiedano il Fondo riparazione: inutile per risolvere il problema climatico. Ho provato a esporre le mie idee, ma non ragionano molto con la loro testa”.
L’organizzazione, poi, si avvicina molto a una “dittatura”. “Ci sono vari gruppi di lavoro: stampa, social, grafiche, logistica…Uno di questi si chiama gruppo strategico e comanda: sono sempre gli stessi: 5/6 persone. Mi hanno detto che alcuni cominciano a essere infastiditi dal fatto che non si possa entrare. Alcuni cominciano a percepirla come forma di ‘dittatura‘: ‘decidete voi per cosa lottiamo, per cosa ci arrestano e noi prendiamo le denunce’…”. Paulin non sarebbe il solo. Il malcontento inizierebbe a serpeggiare all’interno dell’organizzazione che negli ultimi mesi si è resa protagonista di blitz e di atti vandalici in nome dell’ambiente.
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