Dopo 53 giorni dal secondo turno delle elezioni politiche la Francia è ancora senza governo. Ma c’è una novità alla vigilia del secondo giro di consultazione che si aprirà domani, senza la France Insoumise di Melènchon e senza il Rassemblement National di Le Pen e Bardella non invitati: i socialisti sono divisi e Faure si rifiuta di fare un altro nome dopo quello della dirigente di Stato bocciata dall’Eliseo. Continua, dunque, l’impasse a Parigi.
L’incontro dei socialisti martedì 27 agosto è stato chiesto dalle due correnti di minoranza, cioè metà del PS. “Il partito è sull’orlo del collasso”, ha avvertito, in un discorso severo, il sindaco di Vaulx-en-Velin (Grand Lyon), Hélène Geoffroy, che guida i sostenitori di François Hollande. Il sindaco di Rouen, Nicolas Mayer-Rossignol , sostenuto dal sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, e dalla presidente della regione Occitania, Carole Delga, dal canto suo si è dichiarato “completamente d’accordo con Hélène Geoffroy”.
Ma la decisione più importante l’ha presa Olivier Faure. Martedì mattina, su France 2, il leader del PS ha ribadito il suo rifiuto di tornare all’Eliseo, per non essere il “supporto di una Macronia morente“.
Faure non vuole fare un altro nome dopo quello di Lucia Castets e subdora la possibilità che il presidente della Repubblica stia per spaccare il fronte di sinistra, che poi era il suo obiettivo dichiarato subito dopo avere frenato la possibile avanzata del Rn.
Intanto, l’Assemblea legislativa francese di fatto è chiusa. Nonostante ci sia un primo ministro facente funzioni in carica, Attal, il Parlamento non si riunisce, ne legifera. Una paralisi senza precedenti nella storia transalpina che Macron pensa di poter sbloccare la prossima settimana. Trovando i numeri per un governo di coalizione tra moderati e socialisti che oggi appare assai improbabile. Mentre il 7 settembre Melènchon chiamerà la gente in piazza a Parigi a manifestare contro l’Eliseo.
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