Ennesima giornata di polemica sulla libertà di stampa in Italia. L’ultimo tema è il presunto “attacco di Meloni” a giornalisti e testate che sono stati stakeholder del report “Silenziare il quarto potere: la deriva democratica dell’Italia” di Media freedom rapid response. Giorgia Meloni, sollecitata dalle domande dei giornalisti nel punto stampa finale a Pechino, ha parlato di “accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo ‘stakeholder’: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica…”. Il premier di fatto si è limitata a citare l’appendice del report, in cui i giornalisti di quelle testate sono riportati con quella definizione. Per tutti e tre i giornali però quella constatazione è diventata un “attacco”.
Il Fatto si è anche esercitato nel fare le pulci al fatto che Meloni, alle cinque del mattino, al termine di una missione complessa che ha visto anche il bilaterale con Xi Jinping, abbia avuto un lapsus attribuendo quegli stakeholder al report Ue e non a quello di Mfrr, che non rappresenta l’indirizzo dell’Ue, benché l’organizzazione sia cofinanziata da Bruxelles. Legittimo, anche se costruirci un pezzo a tesi appare un tantino forzato. Il Domani informa che con le parole di Meloni “la libertà dei media viene attaccata due volte: prima con gli attacchi in sé, poi presentando le vittime come aggressori della patria”. L’articolo è firmato da una giornalista che compare tra gli stakeholder di Mfrr.
È però su Repubblica che si approda alla rappresentazione plastica del paradosso per cui chi si sente attaccato ammette più o meno implicitamente che il premier ha ragione nel sottolineare che certi stakeholder non sono proprio, come dire, imparziali. In un comunicato del Comitato di redazione si legge che “per l’ennesima volta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni decide di prendere di mira Repubblica e lo stesso fanno, in maniera splendidamente coordinata, i giornali che sostengono il governo di destra, da Libero al Giornale”, che evidentemente hanno meno libertà di espressione di altre testate. Vi si legge poi che “i report internazionali sullo stato di salute della libertà di stampa in Italia parlano chiaro: la situazione è critica e il livello di intimidazione è alto”.
“Nulla di cui stupirsi quando il governo è guidato da forze politiche che non hanno rinnegato una cultura politica che si è sempre basata sulla soppressione del dissenso e della negazione delle libertà, in primis quelle sindacali e di stampa”, prosegue la nota, per poi arrivare al punto chiave del paradosso: “Repubblica ha però una sua chiara storia e identità, diametralmente e orgogliosamente opposte a quelle della premier e del suo partito. Tutto è dichiarato, in piena trasparenza, sin dal primo editoriale del 1976 del fondatore Eugenio Scalfari. Nel nostro modo di fare giornalismo sosteniamo i valori della sinistra, quindi dell’antifascismo, dell’uguaglianza, dell’avanzamento dei diritti sociali e civili per tutte e per tutti”. Dunque, il Cdr di Repubblica esplicita e rivendica di fare giornalismo militante, ma lamenta un attacco alla libertà di stampa se poi il premier accenna, per altro molto più blandamente, alla faccenda.
Un cortocircuito che non sembra avere fine e che porta a quello che Daniele Capezzone ha scritto su Libero nelle stesse ore in cui Il Fatto, Il Domani e Repubblica denunciavano i presunti attacchi. “Ora, che questa vicenda abbia assunto i contorni della sceneggiata è fin troppo chiaro. Si tratta però di evidenziare i quattro atti della commediola. Primo: si prepara la patacca, anzi la polpetta, con gli avanzi del banco. Secondo: si spedisce la polpetta all’estero, dove viene riscaldata al microonde e rimessa in circolazione.
Terzo: si rilancia tutto sui giornali amici. E infine, quarto: se la premier osa rispondere (anche alle recenti osservazioni della Commissione Ue) dicendo una elementare verità, e cioè che si tratta di un’operazione faziosa ispirata anche da ben precisi portatori di interessi, la si aggredisce”.
L'articolo Bollettino libertà di stampa: all’armi son stakeholder. Il cortocircuito di Fatto, Domani e Repubblica sembra essere il primo su Secolo d'Italia.