Credo che la Società Empoli FC stia per dar luogo alla sua seconda ”mutazione” degli ultimi 10 anni. Già nel 2017, all’indomani della dolorosa retrocessione maturata in quel di Palermo, scrivemmo su queste pagine un articolo dal titolo ”Qualcosa è cambiato”. Si evidenziavano alcuni mutamenti in atto nella Società nei quali avvertivamo la volontà di cambiare il suo modo di essere e di comportarsi che negli anni ne avevano caratterizzato la storia e l ’identità. Già nella stagione 2013/2014 si era provveduto a cambiare il logo della Società: via la ”Collegiata” dalla stemma sostituita dall’acronimo EFC. Nel 2018 si cambia l’inno. Con gli anni il colore blu si impone sempre più sull’azzurro come colore della Società: nelle maglie resta ancora qualcosa, forse c’è una reticenza a cambiarne totalmente il colore per evitare di chiamare ”blues” quelli che erano sempre stati gli ”azzurri”. Arrivano ad Empoli personaggi che vogliono dare un’imprinting nuovo alla Società: molto management, rapporti interpersonali ridotti ai minimi termini o nulli, molta attenzione alla stampa e ai media nazionali mentre quelli locali hanno sempre meno spazio. Si pensa in grande: qualcuno dice che l’Empoli sarà in Italia quello che il Villareal è in Spagna. Si creano ruoli dirigenziali usando vere e proprie alchimie linguistiche che non ne fanno capire il significato e la funzione o, ancora, affidandosi alla lingua inglese che spesso non definisce nulla ma che fa tendenza. C’è sempre più una cura quasi ossessiva per l’immagine, per l’esteriorità. Gli sponsor sono sempre più determinanti per il bilancio e quindi molto viene fatto per accattivarsene i contributi: una importante sala VIP, skybox in tribuna, posti coperti a bordo campo. Comincia a sfilacciarsi quel legame della Società con la città e con la sua gente, con i suoi tifosi e con tutti coloro che a vario titolo ne avevano disegnato nel tempo il suo modo di essere dando senso a quel motto ”fare l’Empoli” che racchiude in sè significati profondi, storie, personaggi, comportamenti, emozioni, passioni. Essere piccoli e pensare in grande ma senza mai perdere la propria dimensione, porsi obiettivi importanti e raggiungerli con la professionalità, con il lavoro, con la competenza, con la fantasia, con geniali intuizioni, con il coraggio, unità tra Società e tifosi, stampa, cittadini. In questi ultimi anni molti di quelli che erano nell’Empoli del ”fare l’Empoli” sono andati via (a volte per scelta propria a volte no). Un cambiamento, lo comprendiamo, è stato reso necessario dalle mutate condizioni del mondo-calcio negli ultimi anni. Condizioni che tuttavia non ci sembra abbiano portato a grandi miglioramenti se è vero che il calcio italiano è in forte sofferenza finanziaria e che di talenti nostrani se ne vedono sempre meno. Il Covid ha dato il suo contributo: le restrizioni durante la pandemia hanno favorito, di fatto, la penalizzazione che stanno subendo oggi le testate giornalistiche ed i media locali a danno delle grandi TV che pagano per i Diritti televisivi e che, a cascata, si sono prese anche le esclusive di quasi tutte le attività prima, durante e dopo la partita. Nessuna emittente locale può competere finanziariamente con i colossi della TV privata o con il servizio pubblico. E questo vale anche per le testate giornalistiche come la nostra. Coloro che a volte sul nostro sito lamentano la assenza di Pianetampoli in alcune situazioni (ad esempio nelle gare fuori casa o agli allenamenti) dovrebbero sempre aver presente questa realtà ed il contesto nel quale si lavora.
Mi sorgono due domande: questi cambiamenti – che sono un dato oggettivo – erano necessari? Era questo il modo giusto per farli? Certo, non si può rimanere fermi quando il mondo cammina. Stare con lo sguardo perennemente rivolto al passato fa venire il torcicollo e ci porta a vivere in una dimensione nostalgica che ci fa smarrire il senso del presente. Qualcosa andava cambiato ma tutto questo si poteva fare senza snaturare a 360 gradi il modo di essere di una Società, il suo stile definitosi nel tempo, il suo modo originale – e per questo unico, citato come esempio dentro e fuori il mondo pallonaro – di perpetrare (che piaccia a o no) l’eterno sogno di David che riesce a sconfiggere Golia o quanto meno a non essere fagocitato dalla sua forza. ”Con poco di fa tanto” fu scritto nelle magliette in una festa (salvezza o promozione non ricordo) di qualche anno fa. Ecco, era vero. Era quella la forza dell’Empoli FC e dei suoi uomini, dentro e fuori dal campo. Forse tutto questo non è più possibile? In uno sport nel quale giocatori mediocri hanno guadagni che superano il milione di euro all’anno, nel quale i procuratori prendono percentuali da capogiro, nel quale i contratti dei giocatori sono solo carta straccia, nel quale la cura dell’apparire sembra necessaria più di quella dell’essere, nel quale la forma vale spesso più del contenuto, nel quale si vedono molti – troppi! – giocatori che dedicano alla cura estetica di se stessi più di quanto dedicano alla cura della loro tecnica e della loro forma fisica (e i risultati si vedono…), credo sia davvero difficile per una piccola realtà come l’Empoli FC non smarrirsi in questi rivoli del nulla che stanno sempre più caratterizzando la geografia e l’antropologia del nostro calcio.
Ed ecco allora che, anziché programmare a lungo termine, si cercano le soluzioni sul breve. Voler rimanere nel tempo in una realtà quale la Serie A è una aspirazione legittima ma per soddisfare questa aspirazione sono state fatte scelte che hanno guardato al contingente, all’immediato e hanno fatto perdere di vista l’orizzonte verso cui una realtà come quella di Empoli dovrebbe invece guardare, come aveva sempre fatto negli anni. Le conseguenza di questo? Un mercato basato sempre più sulla ricerca di soluzioni a breve termine, con tanti prestiti, con pochi investimenti di prospettiva, un Settore Giovanile che, dopo i ragazzi del 2001 – 2002 – 2003 (i vari Ricci, Belardinelli, Viti, Asllani, Baldanzi, Fazzini) nell’immediato non sembra in grado di poter garantire alla Società ragazzi pronti per la Serie A o pezzi pregiati da mettere sul mercato per realizzare quelle plusvalenze che negli ultimi anni hanno dato alla Società consistenza finanziaria in grado di reggere l’urto con quello che la Serie A richiede.
All’interno della Società, in vari ruoli ed in vari ambiti, ci sono ancora persone che riescono ad avere con il mondo che circonda l’Empoli rapporti che ci consentono di poter lavorare al meglio possibile, su tutti l’Ufficio Stampa, tanti volontari. A noi il lato umano interessa ancora, anche se ci rendiamo conto che in questo calcio i rapporti umani si vanno sempre più sfilacciando e prevale la logica dei soldi, degli interessi personali anche di piccolo cabotaggio. Lo sport preferito dagli italiani è quello di salire sul carro del vincitore con incredibile faccia tosta e di saperne scendere con velocità sorprendente appena le cose si mettono male. E perché anche nel mondo del calcio non dovrebbe essere così? Ne sappiamo qualcosa, ne abbiamo visti di questi ”specialisti del carro” negli anni.
Ma se è cambiata la Società dobbiamo dire che sono cambiati anche i tifosi. Non per tutti ma per molti la Serie A è ormai un habitat naturale, il luogo che all’Empoli compete. Per molti è logico che l’Empoli sia in Serie A, a fatica si digerisce la Serie B. La gente si è abituata a mangiare la bistecca, quando va male il roastbeef e parlare, come qualcuno fa, di pane e salame, suona quasi come un’offesa. Per fortuna c’è chi ogni tanto ricorda le trasferte nei campi di Lumezzane o Albinoleffe, giusto per non dimenticare da dove veniamo ed il percorso straordinario che la Società ha saputo fare. Perché, se è vero che la Società sembra aver cambiato la sua identità (non sappiamo se per scelta consapevole o per necessità) è certo che anche molta parte della tifoseria l’ha cambiata. Contestare alcune scelte della Società (anche se con l’educazione ed il civismo con cui viene fatto a Empoli) è fisiologico da parte del tifoso. Ma non rendersi conto dell’eccezionalità di una situazione e farla passare per normale, vuol dire che si è persa davvero la dimensione. Ciò tuttavia non può esimere la Società dalle critiche (giuste o meno) dei suoi tifosi né può autorizzare l’Empoli – pur con quello che negli anni ha saputo fare – dal ritenersi intoccabile ed immune dalle critiche stesse. Criticare alcune scelte che la Società fa non significa non avere amore per quei colori e, se ciò viene fatto, nessuno deve sentirsi trattato come se fosse stato compiuto il delitto di lesa maestà. E’ questa la normale dialettica tra i tifosi, la stampa, ed una Società di calcio.
In questo cambiamento già avviato si sono inserite anche due novità: lo Stadio e la storia del Socio Americano. Sulla seconda stendo un pietoso velo: ufficialmente la Società non ha detto niente e le chiacchiere da bar lasciano il tempo che trovano. Magari è tutto vero ma stare a disquisire su un qualcosa che è solo una voce, peraltro arrivata da chi e come non si sa, è davvero un esercizio che mi appassiona poco e che è assolutamente inutile. E’ vero. Il Presidente Corsi ha manifestato negli ultimi tempi alcune difficoltà nella capacità per la sua Società di reggere un impatto finanziario così importante quale la Serie A richiede. Ha ragione, lo abbiamo evidenziato. Probabilmente un’entrata di capitali freschi potrebbe rimpinguare non poco le casse di Monteboro e, nelle difficoltà che abbiano evidenziato, consentire di guardare al futuro con serenità consentendo anche di realizzare quella programmazione che negli ultimi tempi ci sembra sia mancata. Ma per ora di concreto non è stato comunicato niente e fare congetture è solo un passatempo di cui faccio volentieri a meno.
Altra cosa è lo Stadio. Diamo atto all’Empoli di aver posto l’accento sul tema per primo, ma eravamo nell’agosto del 2015. Da allora ne è passata di acqua sotto il ponte dell’Arno e non voglio stare a riepilogare tutte le varie fasi. Quello che personalmente mi ha sempre negativamente colpito in questa storia è stata la gestione quasi carbonara che ne ha fatto l’Amministrazione Comunale dopo le prime assemblee cittadine. Poi il silenzio. Silenzio quando fu deciso per la vendita, silenzio ora sul project financing. Un silenzio al quale si è adeguato in parte anche l’Empoli FC. Questo progetto doveva essere presentato entro ottobre 2023, poi dicembre 2023, poi marzo 2024, poi – con la scusa delle elezioni che avrebbero dato alla città un nuovo Sindaco – al 30 giugno 2024. La realtà è che di questo progetto non sappiamo niente, e non sappiamo niente della cornice operativa nell’ambito della quale il progetto è stato realizzato. Si tratta di quanto stabilito nella Deliberazione di Giunta n. 154 dell’ 8 settembre 2021, là dove si definivano le aree della zona interessate e le superfici commerciali nella pancia delle tribune? L’area antistante il PalaAramini che fine fa? Davvero al posto del Sussidiario sorgerà un Hotel? Cambierà la viabilità nella zona? O c’è altro? La domanda è senza risposta perché nessuno ha ufficialmente detto niente. Aspettiamo, dopo il 30 giugno, una Conferenza Stampa da almeno una delle parti interessate per essere informati. Solo allora potranno essere fatte le valutazioni ed espresse opinioni anche se il rischio è che sia troppo tardi perché il processo di attuazione sarebbe comunque avviato. Ma pensare all’Empoli del futuro occorre andare oltre il tema Stadio. Non dimentichiamo le varianti urbanistiche a Monteboro che consentiranno alla Società del Presidente Corsi di avere altri campi di calcio e strutture per consentire di riunire in un unico luogo le attività del Settore Giovanile e della prima squadra. E non dimentichiamo Petroio dove, se si riuscisse a coprire la Tribuna, si avrebbe un impianto da sfruttare non solo per le gare Primavera. L’Empoli FC si avvia quindi ad avere un patrimonio di strutture significativo, decisamente importante per una realtà come quella in cui la Società opera, qualcosa che andrà saputo organizzare e che richiederà non solo un grosso investimento finanziario ma anche capacità gestionali. Ecco, da qui la Società può ripartire per riformulare una visione del futuro al passo con i tempi ma che sappia guardare oltre all’oggi, pensare ad un domani e trovare le risorse e le energie per renderlo possibile, così come ha sempre saputo fare nella sua ultracentenaria storia.
E’ una sfida al futuro da parte di una Società che ha avuto, come abbiamo scritto, forti cambiamenti e che tuttavia sembra guardare avanti con determinazione e coraggio. Non nascondiamoci tuttavia che oggi sembra avere delle difficoltà. Almeno questo è quanto abbiamo colto da alcune dichiarazioni del Presidente Corsi, nel quale è affiorata anche una più che comprensibile stanchezza. Non si tratta solo di gestire una squadra di calcio, ma di essere al tempo stesso guida di un processo che coinvolge l’intera Società, le sue prospettive di crescita, i suoi investimenti. Non so se nei tifosi ci sia questa consapevolezza. La Serie A è un miracolo per una realtà come la nostra, ed è già tanto la Serie B. Del Presidente Corsi si può dire quel che si vuole: a volte qualche sua uscita è sembrata fuori luogo, a volte gli ”si chiude la vena” e si lascia andare a qualche intemperanza di troppo, ma se da oltre 30 anni sta tenendo una Società di una realtà di 50.000 abitanti nei piani alti del calcio italiano qualche capacità dovrà pure averla! E’ nota la sua conoscenza del calcio a 360 gradi e, al di là del ruolo che ricopre, è sicuramente un tifosissimo dell’Empoli. Va spesso a vedere anche le partite del Settore Giovanile, conosce vita morte e miracoli dei giocatori, dai più piccoli alla Primavera, si è dimostrato nel tempo capace di indovinare gli uomini che, insieme a lui, hanno collaborato a tenere in alto la Società. Qualche volta alcune scelte si sono rivelate sbagliate, molte volte no. L’impressione nostra è che ad un certo punto il Presidente si sia lasciato trasportare verso comportamenti non consoni alla realtà dell’Empoli e di Empoli e neppure alla sua storia personale, che si sia fatto convincere che la forma potesse determinare più della sostanza, che il mondo del calcio e le sue dinamiche richiedessero nuovi approcci nei rapporti con l’esterno dalla Società che si sono dimostrati, in molti casi, inefficaci e improduttivi.. Ma Corsi rimane l’unico punto fermo a cui fare riferimento in Società e la sua presenza, il suo ruolo sono imprescindibili.
Dall’esterno, ma può essere una clamorosa svista, ci è sembrato che negli ultimi anni si sia fatto meno scouting sul campo e si siano privilegiate altre forme e modalità per trovare giocatori ”da Empoli”. E ci sembra che queste nuove forme e modalità non abbiano dato grandi risultati. L’ossessione di mantenere la Serie A, di fare la storia, ha portato a pensare corto, a privilegiare il contingente anziché una programmazione di più ampio respiro. Ecco i tanti prestiti, ecco alcuni nomi importanti ma che poco avevano a che vedere con l’Empoli, ecco alcune discutibili operazioni di mercato con giocatori pagati cifre spropositate per la dimensione Empoli. Il peso crescente acquistato dai procuratori ha fatto il resto. Il monte ingaggi dell’Empoli, dai dati che abbiamo letto, appare alto rispetto alla dimensione della Società, e l’Empoli FC è una delle squadre del panorama professionistico italiano che ha il costo commissioni ai procuratori tra i più alti, rispetto alla sua fascia di appartenenza. Ecco, crediamo che l’Empoli di domani debba innanzi tutto iniziare ad invertire questa tendenza se vuole recuperare non solo un po’ di soldi ma anche un po’ della sua anima smarrita. Fabrizio Corsi può far questo, e crediamo che lo sappia. Nel bene e nel male l’Empoli ha rappresentato una Società sana e rispettata in Italia non solo come esempio di gestione delle risorse ma capace di riuscire a scovare talenti da consegnare poi al calcio italiano. Lo ha fatto, fino a qualche tempo fa, senza perdere mai il rapporto con la sua gente, con umiltà. E crediamo che questa sia la strada da percorrere: una fragile barchetta nei marosi dell’Oceano-calcio dei grandi panfili e degli yacht miliardari, ma una barchetta che negli anni non ha mai smarrito la rotta e che spesso è scivolata via raggiungendo traguardi impensabili.
E anche i tifosi devono aver chiara la situazione ed assumersi le loro responsabilità. I tifosi dell’Empoli sanno di non poter chiedere la garanzia di una Serie A a vita ma nei loro confronti è giusto ed opportuno che sia fatta chiarezza. Si dica da parte della Società lo stato reale delle cose, senza infingimenti, senza paura. Il popolo azzurro e la città sono certamente in grado di capire ma le cose vanno dette per quello che sono. Ed in questo discorso ci metto pure lo Stadio. Mi auguro che l’Empoli FC squarci questo muro di silenzio e di mezze parole che da tempo si è eretto intorno al ”Castellani”. Si illustri il progetto, se ne indichi un cronoprogramma, una tempistica, una modalità per la sua attuazione. Ed in questo discorso ci metto pure la storia degli „americani”. Ci sono? Non ci sono? Chi sono? Cosa vogliono?
Forse quello che in questa estate incerta e piena di domande sta per nascere è un Empoli 3.0.? Beh, se così sarà, speriamo che porti con sé il patrimonio della sua storia e della passione vera e sincera della sua gente e dei suo uomini, quelli che non cercano effimere passerelle ma che fanno dell’amore per la Società, del lavoro e della professionalità una solida base per (ri)costruire ancora qualcosa di importante.
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