La definizione che ricorre più frequentemente quando si parla di Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, è «disastroso». Così lo ha etichettato Carlo Calenda il quale, pur facendo parte del campo largo in Liguria a sostegno del candidato dem Andrea Orlando, non ha esitato a dire che il primo cittadino della Capitale è peggio di Virginia Raggi. Fanpage, sito molto vicino alla sinistra, a proposito della comunicazione del sindaco su Ztl e cantieri ha usato la stessa definizione, dipingendo Gualtieri come un Signor Tentenna, che appena decisa una cosa se la rimangia. Su Roma Today, altro sito che segue da vicino i fatti della Capitale, invece lo hanno soprannominato «Il sindaco che non c’era», per le continue assenze nei momenti chiave della metropoli, in particolare durante gli incendi della scorsa estate. Per Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, il primo cittadino invece si sente un monarca e tratta gli abitanti della Capitale come sudditi, costringendoli a una quotidiana via crucis tra cantieri e traffico impazzito.
Intendiamoci, guidare una capitale non è mai facile. Ne sanno qualche cosa Sadiq Khan, che da otto anni è sindaco di Londra, e anche Anne Hidalgo, che da dieci occupa la poltrona più alta de l’Hotel de Ville di Parigi. Ogni giorno si devono affrontare mille problemi e mille lamentele. Tra gli incarichi politici credo che quello di sindaco sia tra i più gratificanti, ma anche tra i più pesanti, perché quotidianamente si rischia l’impopolarità e anche l’avviso di garanzia. Ciò detto, a Gualtieri, che mi descrivono come un tipo mite che passerebbe volentieri il suo tempo a suonare la chitarra, non ha prescritto il dottore di candidarsi per il Campidoglio. Da ministro dell’Economia non aveva alcuna possibilità di essere riconfermato (e per fortuna, visti gli esiti del superbonus varato quando lui era ai vertici del dicastero), certo avrebbe potuto fare il parlamentare semplice o tornare a fare il professore di Storia contemporanea all’Istituto Gramsci. Purtroppo per noi, e soprattutto per i romani, ha invece deciso di scendere in campo per guidare la città in cui è nato. Non solo si è candidato, ma ha deciso di farlo proprio nel periodo che coincide con il Giubileo e dunque con le opere previste per accogliere i pellegrini in arrivo da tutto il mondo. Risultato, appunto, un disastro.
I giudizi spietati, in questi giorni che si avvicinano all’apertura della Porta Santa di San Pietro e all’inizio del 25° Giubileo universale, si sprecano. Tutto sembra andare nel verso sbagliato, soprattutto la consegna delle opere che avrebbero dovuto migliorare la Capitale in vista dell’afflusso dei fedeli. Per l’anno speciale di grazia in cui la Chiesa cattolica concede l’indulgenza plenaria, cioè la remissione dei peccati, sono attesi almeno 80 milioni di persone tra visitatori e turisti, che né i mezzi pubblici né le strade accidentate della Città Eterna sembrano in grado di veder arrivare senza problemi.
Per quanto riguarda i rifiuti, Roma detiene il primato di città tra le più sporche del mondo, davanti a metropoli come New York. Non si contano le segnalazioni di cinghiali attirati da quella che in periferia ma non solo è spesso una discarica a cielo aperto, mentre lungo il Tevere galleggia qualsiasi cosa, dai rifiuti agli elettrodomestici.
Nella Capitale ci sono più di ventimila senza tetto e 13 mila sono i nuclei familiari in lista d’attesa per ottenere un alloggio pubblico, ma nonostante ciò, il Comune non caccia gli abusivi dalle palazzine occupate. Le sole volte che Gualtieri ha pensato a chi non ha una casa dove abitare è quando ha deciso di chiudere le aree pubbliche per impedire agli homeless di dormirci, come nel caso del sottopassaggio a Termini o come nella zona di Castro Pretorio, dove i vigili hanno sfrattato la tendopoli di extracomunitari che da anni si era insediata in zona. Decisioni che hanno suscitato la reazione del suo partito, il Pd, che invece di applaudire alla chiusura dei giardini sotto le Mura Aureliane, lo hanno attaccato duramente, definendo l’operazione un fatto grave e allarmante.
Povero sindaco, per una volta che fa la cosa giusta, in linea con le richieste dei romani, a criticarlo è la sua stessa parte politica. Si capisce, dunque, perché invece di occuparsi della capitale preferisca suonare la chitarra sulla panchina, in compagnia di Ultimo o, come in passato, di Claudio Baglioni e Vasco Rossi. Forse, accompagnare le star è la sua vera vocazione, a cui dovrebbe dedicarsi. Di sicuro, non è riuscito ad accompagnare la Città Eterna verso il nuovo Giubileo.