La locomotiva d’Europa sta rischiando grosso. Volkswagen ha annunciato, per la prima volta in 87 anni, di essere pronta a chiudere stabilimenti nel paese. L’ennesima pessima notizia per il cancelliere Scholz, sempre più traballante. Dopo la batosta alle elezioni europee di giugno è arrivata quella dello scorso weekend. Nelle elezioni regionali in Turingia e Sassonia ha trionfato, prima volta dal 1945, un partito di estrema destra, l’AfD. Ed ora il taglio dello storico marchio automobilistico tedesco, che vuol dire migliaia di posti di lavoro a rischio. Effetto domino, a circa un anno dalle elezioni nazionali. Il punto di partenza del declino tedesco è iniziato nel 2015, proprio con lo scandalo del marchio storico dell’automotive nazionale, la Volkswagen. E l’annuncio di ieri va visto sotto questo punto di vista.
La casa automobilistica tedesca è in rosso e deve tagliare i costi. Da qui l’annuncio della possibile chiusura di una fabbrica. Il piano di Volkswagen prevedeva un taglio di 10 miliardi di euro di costi entro il 2026 e di razionalizzare le spese per sostenere la transizione green. Ma non basta, i tagli devono essere di almeno di 14 miliardi di euro. Quindi? Chiusura del primo impianto produttivo del colosso tedesco in vista. E all’aria l’impegno dell’azienda di non licenziare dipendenti fino al 2029.
Il modello tedesco ha iniziato a vacillare nel 2015, proprio nel momento in cui è scoppiato lo scandalo Volkswagen. L’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente scoprì che il colosso tedesco aveva manipolato 11 milioni di modelli venduti dal 2009 in poi facendo in modo che i motori diesel non risultassero essere inquinanti oltre i limiti consentiti. Problema per Volkswagen e problema per la Germania. Proprio in quel momento la crescita economica stava iniziando a rallentare. E poi sono arrivati il Covid, la guerra in Ucraina, la mancanza di gas russo a prezzi economici e la tensione commerciale con Pechino. E in parallelo nell’ultimo periodo è calato il consenso politico verso il cancelliere e la sua coalizione. Le elezioni del weekend in Turingia e Sassonia con l’estrema destra al 33% contro il 24,5 del partito conservatore Cristiano-Democratico (Cdu) e il 6,5 della Spd del cancelliere Olaf Scholz ne sono la conferma.
Dal punto di vista del mercato automobilistico la sofferenza della Germania non è un caso isolato. Il momento è delicato per tutta Europa. Le auto elettriche faticano a decollare, la concorrenza cinese è agguerrita (nonostante la politica dei dazi) e i consumi non brillano. I dati di agosto del mercato italiano lo dimostrano. Le nuove immatricolazioni hanno subito una contrazione del 13,4% rispetto allo stesso mese del 2023. È finito l’effetto spinta degli incentivi: +15% a giugno e +4,7% a luglio. Il bilancio non è roseo: nei primi otto mesi del 2024 c’è stato un calo del 18.5% rispetto al 2019.