Bisogna fare i conti con le pensioni. Ecco perché il governo è al lavoro su calcoli e simulazioni, in vista della manovra 2025. La voce costa all’Italia 300 miliardi di euro all’anno e in vista di una Legge di Bilancio dove si dovranno fare delle scelte, per le scarse risorse a disposizione e l’urgenza di rispettare le nuove regole del Patto di stabilità. A fine anno scadono Quota 103, Opzione donna e Ape sociale. Serve una quadra. Si lavorerà anche (e soprattutto) su questo nel vertice di maggioranza di venerdì, il primo post estate. Sul tavolo: la possibilità di introdurre un allungamento delle finestre per le pensioni anticipate, incentivi per chi resta al lavoro, stop alle rivalutazioni degli assegni più alti e un intervento sul fronte della previdenza complementare.
Oggi si accede con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), a prescindere dall’età. La finestra per accedere è di tre mesi. È su questo che si sta pensando di intervenire (la Lega è contraria). Allungare la finestra a 6-7 mesi. L’uscita dal lavoro per gli uomini scatterebbe dopo 43 anni e 4 mesi (42 anni e 4 mesi per le donne) o 43 anni e 5 mesi in caso di allungamento a 7 mesi.
Aldilà delle finestre per le pensioni anticipate le ipotesi sono diverse. Quota 41 innanzitutto. Le varianti qui sono due. Quota 41 contributiva vuol dire pensione con 41 anni di contributi, senza guardare l’età del richiedente. Ipotesi caldeggiata dalla Lega ma che costerebbe troppo (oltre 500 milioni di euro). Quota 41 “mirata”, cioè come sopra ma limitata ai lavoratori che hanno almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni. Questo vorrebbe dire spendere meno per il governo. Poi c’è Quota 104. Potrebbe tornare l’opzione accantonata l’anno scorso per dare spazio a quota 103. Uscita anticipata con 63 anni di età e 41 di contribuzione. In caso di accordo mancato potrebbe essere prorogata Quota 103. Scade quest’anno. È stata data la possibilità di uscire dal lavoro in modo anticipato con 62 anni di età e 41 di contributi. Ma con il ricalcolo contributivo dell’assegno. Pochissimi ne hanno usufruito. Questa opzione, visti i numeri limitati e il risparmio per il governo, potrebbe essere dunque prorogata se non si arrivasse ad altro.
A fine anno scadono e potrebbero non essere prorogate anche Opzione donna e Ape sociale. Opzione donna riguarda la possibilità di pensione anticipata per donne dipendenti o autonome che hanno tra i 59 e i 61 anni (il calcolo dipende dal numero di figli), massimo 35 anni di contri e sono caregiver, oppure invalide civili o ancora licenziate o dipendenti di aziende in crisi. Proroga, limitazione o cancellazione sono allo studio anche per l’Anticipo pensionistico sociale (Ape sociale). Permette la pensione anticipata a disoccupati, caregiver, invalidi civili (almeno al 74%) e lavoratori di attività “gravose”. Per questa categoria l’uscita dal lavoro anticipata è possibile (ad oggi) con 63 anni e 5 mesi di età e 30 anni di contributi.
Aldilà dei ritocchi per le pensioni anticipate si sta lavorando anche a una stretta o a uno stop alla rivalutazione degli assegni più elevati. Il governo ha già sforbiciato, tagliando gli assegni quattro volte maggiori del minimo. Ma la spesa è salita e quindi si potrebbe intervenire ancora. E poi c’è la questione Tfr e fondi complementari. Sul tavolo c’è l’ipotesi di rendere obbligatorio il versamento di una parte del Trattamento di fine rapporto ai fondi pensione integrativi e rendere cumulabile il sistema previdenziale complementare cumulabile con l’altro, per i lavoratori che vanno in pensione con il sistema contributivo. Questo permetterebbe di andare in pensione anticipata (64 anni con 20 di contributi) a chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 e quindi è in toto nel regime contributivo.