Dal socialista puro Jeremy Corbyn alla nuova lady di ferro Kemi Badenoch, fino al «riformista» Nigel Farage: ecco chi deve affrontare il nuovo premier del Regno Unito.
Hai voglia a dire «con questa maggioranza si governa facilmente». Il nuovo esecutivo del Primo ministro britannico Keir Starmer non avrà una vita semplice dopo il trionfo elettorale delle scorse settimane. L’opposizione tutta è pronta a dar battaglia, a partire da quella più vicina ai Laburisti, guidata dal sempreverde «socialista puro» Jeremy Corbyn, ovvero il predecessore di Sir Keir. «Il partito è completamente irriconoscibile da quello che ha perso le elezioni nel 2019» aveva detto Starmer dopo aver fatto di tutto (ed essere finalmente riuscito) a toglierselo dai piedi attraverso un processo d’epurazione che mirava a spostare il partito verso il centro per guadagnare il voto degli elettori indecisi. La soddisfazione del premier però è durata poco, visto che «Jezza» l’irriducibile siede nuovamente in Parlamento tra i banchi dell’opposizione, come indipendente, essendosi ripreso il suo storico collegio di North Islington - il sesto più povero di Londra - sbaragliando proprio un candidato laburista inviato lì per sbarrargli la strada. Ed è prontissimo a dargli filo da torcere sui temi più cari alla sinistra che neppure un governo con una maggioranza bulgara può permettersi di sottovalutare.
Corbyn non ha perso un minuto a far capire che gli starà sempre col fiato sul collo. Da sempre a sinistra della sinistra - posizione che si era ben guardato dal rinnegare nei quattro anni in cui è stato leader del partito guadagnandosi l’affetto della fascia più giovane di elettori, ma non quella della maggioranza silenziosa - ha dichiarato di voler formare una coalizione più vasta con quattro altri deputati pro-Palestina per tentare di far pressione sul governo affinché assuma un posizione più forte sul conflitto scatenato da Israele contro Hamas. Mossa prevedibile in fondo, che Starmer ha già tentato di anticipare facendo chiedere al suo nuovo ministro degli Esteri David Lammy un immediato cessate il fuoco a Gaza.
Per convincere però la fascia dei corbyniani rimasti nel Labour che questa è veramente la realtà, ci vorrà di più. Lo scorso novembre, la riluttanza dell’attuale premier nel condannare apertamente le tattiche di Gerusalemme dopo l’attacco del 7 ottobre gli era costata l’abbandono di 10 deputati. E nei collegi a forte maggioranza musulmana, come quello di Corbyn, i voti non sono certo piovuti copiosamente. Ma il pacifista di Islington North, vegetariano e ambientalista, che da 34 anni abita nello stesso modesto appartamento, vuole anche «piantare i semi per un nuovo modo di fare politica», come ha scritto dalle colonne del Guardian, con dei «forum delle persone» descritti come «spazi democratici e condivisi» per campagne locali e negoziati dei sindacati degli inquilini e dei debitori. «Credo che queste siano le basi per un nuovo modello organizzativo che parte dal basso», ha scritto Jeremy che vuole replicarlo in ogni parte del Paese ed ha invitato la gente a battersi «per se stessa, contro coloro che hanno ignorato le richieste di pace e umanità».
Non è chiaro quanto i suoi ideali possano davvero far breccia nel governo laburista di oggi, tuttavia Starmer non potrà ignorarlo e farlo sarebbe un errore se non vuole che le crepe già esistenti nel partito si approfondiscano.
Eppoi arriva Kemi Badenoch. Seduta sugli scranni opposti, è destinata a fare scintille l’ex ministro conservatore per le Donne e l’uguaglianza e segretario per il commercio internazionale poi. In pole position per assicurarsi la leadership che fu di Rishi Sunak, c’è quest’agguerrita 44enne, l’astro nascente di un partito costretto a ricostruirsi dalle fondamenta, che si avvia a diventare la prima donna afrodiscendente a capo dei Tories.
Nata a Wimbledon, Olukemi detta Kemi Badenoch ha vissuto in America e in Nigeria prima di far ritorno nel Regno Unito da adolescente. Dopo aver completato gli studi universitari con un master in ingegneria dei sistemi computerizzati, ha lavorato per la Royal Bank of Scotland, Coutts Bank e la rivista Spectator. Dice di essersi avvicinata alla politica ispirata, udite udite, da un discorso di Tony Blair quand’era premier. «Se lo fa lui perché non dovremmo farcela noi?, ho pensato» ha raccontato per spiegare la sua iscrizione ai Conservatori, nel 2005, all’età di 25 anni. C’è già chi l’ha soprannominata la «Thatcher nera», per la sua devozione alla Lady di Ferro e chi, tra i suoi detrattori, «bad enoch», con un gioco di parole che lascia intendere il suo carattere diretto e impulsivo.
La signora non è certo una di quelle che la manda a dire e spesso ha suscitato parecchie perplessità anche tra gli «anziani» del partito. Per non parlare dello sdegno alimentato tra le file dei progressisti dalle sue provocatorie dichiarazioni a proposito della cancel culture nel Regno Unito e dalla poca considerazione verso i diritti Lgbt. Devota di Winston Churchill, mentre gli studenti delle università tiravano giù le statue di eroi colonialisti e i reali si scusavano per il loro passato imperialista, lei si descriveva come un esempio del «sogno britannico», «una immigrata che è arrivata nel Regno Unito a 16 anni ed è diventata parlamentare nel giro di una generazione».
Nel 2022 Badenoch si è candidata a sfidare l’ex primo ministro Boris Johnson, proponendosi come un volto nuovo per i Tories, supportata anche dall’ex amico di BoJo, Michael Gove, uno dei primi a darle fiducia. «Ci sono sempre decisioni dure da prendere nella vita come in politica» era il suo programma minimalista «non ci sono pasti gratis nelle scuole, né tagli alle tasse senza limiti alla spesa pubblica, non esiste una Difesa più forte senza uno Stato più agile». Alla fine vinse Liz Truss e sappiamo che non si è rivelata la scelta più azzeccata.
Se la maggioranza dei sondaggi che la danno in testa alla corsa alla nuova leadership alla fine avranno ragione, Starmer dovrà sempre difendersi da un leader dell’opposizione che gli rinfaccerà un dietrofront vergognoso sulla Brexit e non avrà paura di usare mezzi termini. «Ma con chi crede di parlare?» era sbottato lo speaker della Camera Sir Lindsay Hoyle, nel 2023 - a cui non piaceva la decisione del governo di annunciare l’ inversione di marcia sul superamento della legislazione europea dopo la Brexit, con una dichiarazione scritta ai parlamentari anziché presentarla in Parlamento - quando Badenoch aveva affermato, sarcastica, di «essere dispiaciuta» che la tempistica dell’annuncio non fosse «di suo gradimento».
E all’attore David Tennant, sostenitore della causa di genere, che le augurava semplicemente «di sparire» così finalmente sarebbe stata zitta, lei replicò: «Non me ne sto zitta, rivendico il mio diritto di rispondere a un maschio bianco, ricco, talmente accecato dall’ideologia che difende i diritti di una minoranza, attaccando l’unica donna di colore al governo». Starmer farà bene a trattarla con rispetto, se desidera che i Conservatori rimangano a lungo lì, dove la sua vittoria li ha relegati.