Vi immaginate se pure a Roma, Venezia, Firenze, Capri e via dicendo, nascesse un movimento per respingere i turisti e ricacciarli a casa loro? I precursori dell’inospitalità sono gli spagnoli, che prima alle Baleari e alle Canarie, poi a Barcellona, hanno inscenato proteste contro il cosiddetto overtourism, il sovraffollamento di turisti che rende insopportabile la vita alla gente del posto. Agitano cartelli, gridano slogan, spruzzano acqua sui turisti, per far capire loro che se ne devono andare.
Sono addirittura 150 i movimenti e le organizzazioni, in prevalenza di sinistra e verdi, insorti contro il surriscaldamento del clima urbano dovuto ai turisti, fino a ieri considerati benvenuti e manna piovuta dal cielo (tramite compagnie aeree). Eppure molti dei manifestanti sono gli stessi che scendono in piazza per difendere i flussi migratori e l’accoglienza, tifano per le Ong e per gli sbarchi. Un esempio curioso di razzismo al contrario: vogliono solo neri, afroasiatici e maghrebini, niente bianchi benestanti e paganti, siano essi americani, europei o russi, e nemmeno giapponesi.
Chi viene da noi per pochi giorni e porta ricchezza, crea lavoro, è sgradito e va rispedito a casa sua; chi invece viene da noi per restarci, arriva senza un soldo, va protetto e ospitato, cerca lavoro e spesso trova solo spaccio e malavita, per lui porte aperte. Qualcuno dirà che è un principio evangelico, altri che è un delirio masochista. Resta comunque strana la xenofobia contro il visitatore provvisorio e pagante che giova al Pil e dà lavoro a tanta gente e la xenofilia verso chi vuole stabilirsi qui e chiede lavoro, assistenza e ospitalità e genera non pochi problemi di ordine sociale, integrazione e sicurezza. Ma non solo, i turisti sono accusati pure di inquinare le città coi loro bus, consumi e rifiuti; accusa che decade per i migranti accampati o in giro con vecchi scassoni d’auto.
Un argomento fondato però i turistofobi ce l’hanno: i turisti che affittano appartamenti per periodi brevi rendono introvabili e più care le abitazioni per i residenti. È un argomento usato anche contro gli italiani che vanno a vivere, soprattutto per ragioni fiscali, in Portogallo, in Grecia, alla Canarie, in Tunisia, Marocco e nei Paesi dell’est. Da quando sono arrivati gli italiani gli affitti sono diventati proibitivi per i locali. E in questo caso non si tratta di periodi brevi, ma di affitti a lunga scadenza.
Così cresce l’odio per gli italiani. Ma la denuncia è fondata e potrei dare conferma sul campo con l’esempio del centro storico di Roma: non c’è un palazzetto dove non ci siano b&b e peggio accadrà ora col Giubileo. Certo, giovano ai proprietari e alle agenzie immobiliari, portano ricchezza in giro. Ma rendono proibitive le case ai residenti, stravolgono rioni che erano quasi piccoli paesi in cui tutti si conoscevano, producono quantità enormi di rifiuti, che uniti all’incuria dei residenti provvisori e alla quantità esagerata di ristoranti, bar e trattorie, rendono uno schifo il centro storico romano (venite a Trastevere, per esempio).
Anch’io confesso di non sopportare più quei fiumi di turisti che intasano vie, negozi e piazze del centro, congestionano il traffico coi loro bus e i loro passaggi di massa sulle strisce pedonali, occupano bar, tavolini, marciapiedi coi loro valigioni (gli americani portano cubature di bagagli da circo equestre, a cui si aggiunge la mole ragguardevole dei loro corpi, spesso obesi). L’eccesso di b&b moltiplica il degrado e le immondizie lasciate agli angoli di strada, aggravando la già fatiscente nettezza urbana romana. L’invasione di turisti da b&b sta snaturando Roma, la sta rendendo città di alieni, mangerie e beverie, un luna park fatiscente, una «neurodisney» che offre parodie di romanità, caricature di cattolicesimo e fiction grottesche della Roma medievale, rinascimentale e barocca.
Eppure Roma fa di tutto per rendersi inospitale, non accogliente per i turisti: i trasporti fanno pena, i taxi non si trovano, l’immondizia deborda, non ci sono cestini per la raccolta dei rifiuti volanti. E non c’è una piazza del centro che non sia chiusa per lavori in corso: piazza Navona, il Pantheon, per non dire della distruzione di piazza Venezia, che durerà decenni, peggio che sotto i bombardamenti, con una decina di enormi testate nucleari verdi al centro, impossibile da attraversare, madre di tutti gli ingorghi nel centro di Roma. E ho citato solo i casi più vistosi.
Pensavamo di aver raggiunto il punto più basso con Virginia Raggi sindaco fino a che non abbiamo provato il fantasma all’opera, il sindaco Roberto Gualtieri. Roma è per un terzo un cantiere, per un terzo un rifiuto, per un terzo un parco auto; e negli interstizi convivono turisti, topi, gabbiani e cittadini.
Con queste premesse è davvero un miracolo la quantità eccessiva di turisti tra le macerie di Roma. Capisco chi fa profitti in questa babele. Ma per chi ci vive e ci abita, non affitta b&b e non campa sui consumi e la ristorazione, è una vita impossibile; i turisti sono solo il colpo di grazia. Disagi paralleli ma non del tutto dissimili si vivono nelle altre città d’arte e di richiamo turistico, come Venezia, abitata da pochi veneziani, molte maschere e moltissimi turisti. O come Firenze, che ha perso anima e vitalità ormai da anni e sopravvive come parco giochi per turisti e photoshop, più sciami di migranti. Malgrado tutto, sarebbe una follia cacciare i turisti. Qual è allora la soluzione? Se potete, andatevene voi, cittadini residenti. In campagna, al paesello, al mare. Via, via, andiamo via noi.