Negli ultimi giorni l’intensificarsi dei preparativi di Israele per colpire Hezbollah nel territorio libanese ha visto la conferma dell’appoggio degli Stati Uniti alle forze Idf. Nulla di differente da quanto avvenuto all’indomani della strage del 7 ottobre, ma la risposta dei Washington è stata presa sul serio diffondendo la notizia che nell’area del sud-Mediterraneo sarebbe stata schierata la portaerei Uss Theodore Roosevelt (CVN-71), attualmente in movimento dal Pacifico. Il 22 giugno l’affermazione apparsa su X (ex Twitter): "La USS Theodore Roosevelt è attualmente in procinto di schierarsi sulle coste di Israele nel Mar Mediterraneo a causa della prevista guerra con Hezbollah", è risultata quindi una fake-news, poiché mentre la portaerei Uss Dwight D. Eisenhower (CVN-69) ha lasciato il Mar Rosso per rientrare negli States, la Roosevelt passerà da Suez, si avvicinerà al Libano ma sarà poi avvicendata dalla Uss Harry S. Truman. Vero è che l’ultima volta che una portaerei del Pacifico è stata schierata così vicina al Medioriente è stato nel 2021, quando gli Stati Uniti hanno evacuato le loro truppe dall’Afghanistan, ma il Pentagono ha dichiarato che l’avvicendamento non è dovuto alle tensioni tra Hezbollah e Israele, e che Washington non lascia mai sguarnito l’appoggio all’alleato. Il risultato di un post letto da oltre due milioni e mezzo di persone ha scatenato numerose reazioni della stampa che davano per imminente un attacco americano, invece nulla di anormale, o per meglio dire nulla che il comando della Sesta flotta dell’Us Navy non avesse previsto. Quanto al riportare la posizione di ogni nave militare che viene avvistata, bisogna ricordare che il Mediterraneo è una rotta utile per accorciare i tempi di rischieramento delle flotte, come dimostra per esempio il movimento della USS Mason, uno dei cacciatorpediniere assegnati alla flotta della Heisenhower, che ha transitato nello stretto di Gibilterra alla metà di giugno ed è entrata nel porto di Rota, in Spagna, per poi ripartire dopo qualche giorno prima di passare da Suez. Un rapido controllo sui siti web della Marina statunitense ha anche permesso di stabilire che la portaerei Roosevelt negli ultimi giorni di giugno ha preso parte ad un'esercitazione militare insieme con unità della Corea del Sud e del Giappone e soltanto termina questa missione farà rotta verso il Mediterraneo.
Che poi la situazione tra Israele ed Hezbollah sia incandescente è un fatto, così come è un fatto che le forze Idf non permettano il ritorno nelle loro case dei circa 24.000 residenti che all’indomani dell’attacco del 7 ottobre erano stati evacuati dalla città di Kiryat Shmona, situata lungo il confine settentrionale con il Libano, come anche una ventina di piccole comunità evacuate per paura che Hezbollah emulasse l’attacco di Hamas. Il provvedimento era stato deciso per paura di un secondo attacco, ma anche in questo caso il solo ricordare malamente la situazione ha indotto a pensare che lo spostamento dei cittadini fosse fatto nell’imminenza di un’invasione del Libano da parte israeliana. La realtà è che a oggi restano evacuate circa 50.000 persone che vivono in hotel israeliani o in altre località dove ricevono sostegno dal governo e che non sanno se e quando potranno ritornare a casa. Fonti militari israeliane danno un conflitto con Hezbollah più probabile di quanto lo sia mai stato dopo gli attacchi del 7 ottobre, ma al tempo stesso viene riconosciuto che una simile campagna sarebbe difficile e sanguinosa almeno quanto l’operazione a Gaza. Israele si trova di fronte a quello che il ministro della Difesa Yoav Gallant la settimana scorsa ha definito un “bivio” riferendosi alla guerra di otto mesi di Israele a Gaza, che sta diventando un conflitto meno intenso, e alla prospettiva di uno spostamento della guerra verso il confine settentrionale e Hezbollah – che, a sua volta, potrebbe portare a un conflitto regionale con l’Iran. “Nel nord, siamo determinati a garantire la sicurezza”, ha detto Gallant a Washington, “stiamo lavorando a stretto contatto per raggiungere un accordo, ma dobbiamo anche discutere della preparazione per ogni possibile scenario. La più grande minaccia per il futuro del mondo è l’Iran. E il tempo stringe”. Ma Hezbollah è una forza molto più forte e radicata di Hamas e un attacco in territorio libanese probabilmente scatenerebbe la risposta dell’esercito nazionale e la condanna politica da parte della maggioranza delle nazioni estere. Tuttavia, è innegabile che tale “forza” abbia effettuato più di 5.000 attacchi con razzi, missili e droni contro Israele dal 7 ottobre a oggi e che nelle ultime settimane gli attacchi sono aumentati in modo significativo, al punto che ora è normale che se ne verificano diversi al giorno. E anche questo “soffia” per incoraggiare una reazione israeliana. In reazione a questo Israele effettua i propri attacchi colpendo i siti di lancio di Hezbollah e quelle che definisce infrastrutture terroristiche nelle aree del sud del Libano. Lo scambio di attacchi hanno provocato grandi incendi su entrambi i lati del confine, devastando i raccolti su cui facevano affidamento gli abitanti dei villaggi, indipendentemente dalla loro nazionalità. Metulla, la città più settentrionale di Israele, si trova in cima alla valle di Huleh a nord di Kiryat Shmona, è l’obiettivo principale di Hezbollah e la sera del 23 giugno scorso alcuni missili anticarro lanciati dai miliziani hanno ferito due persone, mentre il giorno 26 altri cinque missili anticarro hanno colpito la città. Le forze israeliane (Idf) sono attualmente schierate in due divisioni regionali, la 91° al confine libanese e la 210° nel Golan al confine siriano. L'Idf ha anche creato una nuova Brigata da montagna per aiutare a difendere il Monte Dov e l'Hermon, due rilievi che formano una sorta di cerniera sul confine tra Libano e Siria all'incrocio tra i territori presidiati dalle altre due divisioni. Queste sono supportate dalle truppe della 36° Divisione che si trova solitamente nel nord e che è composta da truppe che conoscono la zona come la 188° Brigata corazzata. E anche questo schieramento di forze porta a pensare a una possibile invasione.