“La mia è stata una carriera con diversi infortuni che mi hanno lasciato sette viti nelle mie articolazioni, tra entrambe le caviglie ed un ginocchio, oltre alla frattura alla spalla“. Basterebbe leggere questa dichiarazione per comprendere l’intimo significativo che porta con sé la vittoria conseguita da Mattia Casse nel superG della Val Gardena: a 34 anni ha conquistato la sua prima affermazione in Coppa del Mondo, meritandosi la soddisfazione più profonda, tra l’altro su una pista mitica come la Saslong.
Un sigillo meraviglioso che rappresenta una sorta di risarcimento per le tantissime sfortune che lo hanno colpito e un premio per la caparbietà dimostrata anche nei momenti più complicati. Ha confessato di aver pensato di lasciare lo sci alpino, ma è stato bravo a non mollare e si era imposto un diktat: “Vado avanti alle mie condizioni, vale a dire dare precedenza alle mie sensazioni, al mio sentire“. Lo ha fatto in grande stile e quando era davvero arduo crederci così fermamente.
Il primo podio nel massimo circuito internazionale itinerante era arrivato soltanto due anni fa: era il 17 dicembre 2022 quando sempre in Val Gardena, ma in discesa libera, fu terzo. Altre due gioie arrivarono nel gennaio del 2023: terzo nella discesa libera di Wengen (una delle Classiche per eccellenza) e terzo nel superG di Cortina d’Ampezzo. Oggi l’apoteosi vibrante, un autentico regalo di Natale anticipato quando mancano tre mesi al suo compleanno (il 19 febbraio spegnerà 35 candeline).
Le gioie sono arrivate in tarda età (a livello sportivo, si intende) per lo sciatore piemontese, che da giovane era un vero e proprio predestinato: faceva parte del progetto “Pianeta Giovani Ratiopharm”, lanciato dalla Federazione ormai due decenni fa per scoprire e svezzare svezzare i giovani talenti italiani. Un’autentica promessa che brillò ai Mondiali juniores nel 2010, imponendosi in discesa libera e conquistando il bronzo in superG.
Il passaggio al piano superiore si rivelò però complicato per il nativo di Moncalieri e una serie di infortuni lo ha sensibilmente danneggiato. Basti pensare che conquistò la sua prima top-10 nel 2015 (quarto nel superG di Beaver Creek il 5 dicembre), seguita dalla settima piazza nel superG di Kitzbuehel poche settimane dopo, ma poi impiegò quattro anni per tornare a quei livelli (quinto nel superG di Lake Louise il 1° dicembre 2019), quando ormai i trent’anni erano all’orizzonte.
Da giovane predestinato a veterano vincente, passando per tante vicissitudini e diverse stagioni di alti e bassi. All’alba delle trentacinque primavere, però, Mattia Casse si sente ancora un “giovincello”, come ha dichiarato dopo l’affermazione odierna, e guarda con ottimismo al futuro: anche in una seconda vita sportiva si possono conseguire risultati di grido e se la forma fisica è questa ci sono tutte le carte in regola per continuare a sognare.