E sono nove. La squadra italiana di tennis ha portato a questo numero le presenze nelle Finali dell’ambita Coppa Davis, competizione dal significato storico nella pratica con racchetta e pallina. Dopo il raggiungimento dell’atto conclusivo l’anno scorso a Malaga, con Jannik Sinner mattatore, si è replicato quest’anno e anche in questa circostanza il n.1 del mondo ha fatto la sua parte.
Un bis, in termini di finali disputate in Davis, che non è il primo, ricordando quanto accaduto nelle due stagioni del 1960 e del 1961 e del 1979 e del 1980. Il bilancio complessivo è attualmente di 2 vittorie e 6 sconfitte finora. Domani, contro l’Olanda, si andrà a caccia della terza affermazione e della seconda consecutiva, cosa mai accaduta nella storia del tennis italiano.
L’Italia prese parte per la prima volta a questa competizione nel lontanissimo 1922, quando il torneo si chiamava ancora International Lawn Tennis Challenge e veniva giocato con una formula diversa: quattordici nazioni affrontavano un tabellone di qualificazione e la vincente sfidava i campioni in carica nel “Challenge Round”. Superato il primo turno per rinuncia del Giappone, l’Italia giocò il 19 giugno 1922 al Roehampton Lawn Tennis Club contro la Gran Bretagna: vinsero 4-1 per i britannici.
L’Italia raggiunse per la prima volta la finale di Davis nel 1960, come detto. Gli azzurri scesero sul campo in erba del White City Stadium di Sydney contro l’Australia, dal 26 al 28 dicembre. Si imposero 4-1 i padroni di casa e l’unico punto conquistato dalla selezione tricolore fu di Nicola Pietrangeli. Nel 1961 si replicò l’approdo all’atto conclusivo e ancora una volta la sfida contro l’Australia è letale: 5-0 per gli aussie, trascinati dai fenomenali Rod Laver e Roy Emerson.
Il 1976 fu l’anno dell’interruzione del digiuno, con l’Italia capitanata da Pietrangeli e in campo rappresentata da Corrado Barazzutti, Adriano Panatta, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli. Gli azzurri giocarono a Santiago (Cile) contro la compagine sudamericana, che aveva raggiunto la finale dopo il boicottaggio dell’URSS che rifiutò di giocare la semifinale in segno di protesta contro il regime di Pinochet. Vi fu anche un dibattito acceso in Italia prima di volare alla volta del Cile, ma tutto si tenne e Panatta e compagni vinsero 4-1.
Una squadra fortissima che giocò quattro finali in cinque anni, tutte però in trasferta. Dopo la vittoria citata, arrivò il ko nel 1977 sempre sull’erba australiana, mentre nel 1979 sul cemento americano gli USA di John McEnroe dettarono legge, come nel 1980 sulla terra di Praga accadde contro le Cecoslovacchia di Tomas Smid e soprattutto di Ivan Lendl.
L’Italia tornò a disputare una finale di Coppa Davis nel 1998. Gli azzurri, con Bertolucci capitano, affrontarono al Forum di Assago la Svezia. Una sfida che fu segnata pesantemente da quello che accadde nel match d’apertura tra Andrea Gaudenzi, attuale presidente dell’ATP, e Magnus Norman. Il faentino era reduce da un intervento alla spalla destra e si presentò in campo non in perfette condizioni fisiche. Lo sforzo fu tale da procurargli un nuovo infortunio, dovendo alzare bandiera nel quinto set. L’uscita di scena in questo modo di Gaudenzi ebbe delle ripercussioni sul resto della squadra, visto il suo ruolo centrale, e il 4-1 fu la logica conseguenza.
Da quella finale del 1998, seguirono anni molto difficili, citando il 2000 quando la squadra scivolò nel Gruppo I (la Serie B), e addirittura nel 2003 in Serie C. Una lenta risalita che portò nel 2014 alla semifinale contro la Svizzera dei fenomenali Roger Federer e Stan Wawrinka, in una sfida che a Ginevra terminò 3-2 per gli elvetici, con i punti in casa Italia ottenuti dal doppio Bolelli/Fognini, contro Chiudinelli e Wawrinka, e in singolare da Seppi contro Michael Lammer. E così dopo le eliminazioni nei quarti di finale del 2021 (contro la Croazia) e in semifinale del 2022 (contro il Canada), il trionfo dell’anno scorso e si spera nella replica di quest’anno.