Sono stati tanti, tantissimi a ricordare il 2024 di Sara Errani nelle ore immediatamente successive alla vittoria nella finale del doppio misto agli US Open in coppia con Andrea Vavassori. E a piena ragione: se già nel 2023 aveva ritrovato le sensazioni da top 100 in singolare, nell’anno ancora in corso ha ritrovato anche numerose altre sensazioni, comprese quelle del doppio.
Le avvisaglie c’erano state in due momenti: nella vittoria al WTA 250 di Monastir insieme a Jasmine Paolini e poi, ancora assieme alla toscana, in un magnifico terzo turno agli Australian Open contro Su-Wei Hsieh ed Elise Mertens, in cui la taiwanese e la belga faticarono tantissimo a prevalere. Fu però un incontro di tale qualità che fece capire alla coppia azzurra che l’obiettivo Parigi 2024, dichiarato alla formazione, poteva essere molto concreto.
Ma la parabola è andata avanti: il successo a Linz contro la coppia Melichar-Martinez/Perez, due di grande valore nella specialità (e all’americana è stato ignominiosamente tolto il posto alle Olimpiadi da top ten), poi la semifinale a Miami. E, parallelamente, anche buone performance in singolare, dai quarti a Cluj-Napoca alla semifinale in alta quota a Bogotà, prima di arrivare a Stoccarda, passare le qualificazioni battendo la russa Anna Kalinskaya e trovarsi davanti proprio Jasmine Paolini in singolare, nell’unica partita che non avrebbe voluto giocare (e in campo si vide eccome).
Il meglio, però, è arrivato da Roma in poi: trionfare nella Capitale 12 anni dopo, con Paolini e contro Gauff/Routliffe ha dato il là a una parabola ancora più grande. Passato anche un turno al Roland Garros in singolare, in doppio proprio con la toscana ha ritrovato la finale, a 10 anni dall’ultima volta. E pazienza se Gauff lì si è presa la rivincita con la ceca Katerina Siniakova: non si è trattato che dell’inizio.
Un inizio che, poche settimane dopo, è stato anche con Andrea Vavassori, legato a una partita infinita, il primo turno di misto a Wimbledon durato, tra una pioggia e l’altra, sei giorni e poi perso contro Withrow/Sutjiadi. Erba che, peraltro, a Sara aveva dato una semifinale al WTA 125 di Gaiba, particolare rispetto a quella dei Championships. Ad Andrea, invece, aveva dato una sfortuna incredibile, assieme a Simone Bolelli: dopo due finali Slam consecutive (Australian Open e Roland Garros) e una stagione spettacolare, si sono ritrovati a uscire al primo turno contro Harri Heeliovara e Henry Patten. Cioè quelli che i Championships li hanno poi vinti.
E poi sono arrivate le Olimpiadi, le seconde in cui ha disputato tutti e tre i tornei: singolare, doppio femminile e doppio misto. Nel primo caso, il peggior accoppiamento possibile per caratteristiche, con la cinese Qinwen Zheng che per la seconda volta le ha recapitato un 6-0 6-0. Ma l’obiettivo era un altro: andare più lontano possibile nel doppio. Possibilmente anche nel misto, un tentativo finito però nei quarti di finale. La magia, però, è nata con Jasmine Paolini in una notte che pareva terribile. La toscana aveva perso con la slovacca Anna-Karolina Schmiedlova un drammatico terzo turno in singolare, la sera di quel 30 luglio l’accoppiata francese Garcia/Parry, sul Court 7, pareva mettere fine alle speranze. Il set perso da 5-2 avanti, i tanti rischi per chiudere il secondo, il match tie-break e alla fine la liberazione con la romagnola in lacrime di gioia e la toscana a supportarla. Di lì, slancio totale nei quarti e in semifinale, fino a una finale incerta fino all’ultimo contro Mirra Andreeva e Shnaider. La medaglia olimpica, rincorsa una vita, è diventata oro. Alla quinta occasione.
Finita qui? Nemmeno per sogno. Perché la chiave è stata, agli US Open, quella di divertirsi. Divertendosi, e spiegando tennis, è arrivata al terzo turno in singolare a New York. Il doppio femminile si è chiuso presto, anche per una dose di stanchezza di Paolini. Stanchezza che, va detto, anche Errani aveva, specie a Cincinnati e ancora all’inizio nella Grande Mela. Ma, nel frattempo, la voce divertimento è tornata. Assieme a un brivido, e a un match point incredibile salvato da lei e Vavassori contro Galloway/Rogers al primo turno.
Poi, pian piano, la scalata contro coppie valide, lo splendido quarto contro Hsieh/Zielinski campioni a Melbourne, e il ritorno dopo 10 anni sull’Arthur Ashe Stadium. Quello che ha reso Sara la prima italiana a vincere su tutti e quattro i campi più importanti degli Slam tra doppio femminile, misto e Olimpiadi, quella che ha permesso ad Andrea di mettere il punto esclamativo su una stagione ad altissima quota. E la stagione non è ancora finita: per Sara c’è la rincorsa a WTA Finals e Billie Jean King Cup, per Andrea quella ad ATP Finals e Coppa Davis. Tutto sempre in doppio. E questo, concentrandoci sulla romagnola, ne denota il connotato di non aver mai mollato, di aver sempre creduto di avere ancora carte da giocare. Carte, s’è visto, vincenti.