No, non era mai accaduto. Nel tennis il cemento è stata lungamente una superficie che tra le fila azzurre è stato molto difficile da interpretare. La formazione quasi esclusivamente sulla terra rossa aveva posto l’accento sulla difficoltà dei giocatori della Penisola ad adattarsi alle caratteristiche del duro. Un modo di giocare più rapido, più in favore di grandi colpitori rispetto a chi usa la racchetta per “dipingere”.
Le cose sono cambiate o, quantomeno, stanno cambiando. Ne è una riprova quanto stia accadendo nel corso di questi US Open, con quattro tennisti italiani al terzo turno, una cosa che nel torneo americano mai era accaduta. Jannik Sinner, Lorenzo Musetto, Matteo Arnaldi e Flavio Cobolli compongono il poker tricolore. Un quartetto dalle qualità spiccate e anche dall’età media piuttosto bassa.
Un segnale di una generazione che sta già riscrivendo la storia italiana di questa disciplina. Sinner si è portato già avanti da questo punto di vista, visti i riscontri straordinari di questo 2024: il suo primato nella classifica mondiale, lo Slam vinto in Australia e i titoli 1000 a Miami e a Cincinnati. Sulla scia del pusterese, Musetti sta cercando anch’egli di ritagliarsi uno spazio e negli ultimi due mesi sono arrivati i seguenti risultati:
Dal canto loro, Arnaldi ha raggiunto per la prima volta una semifinale 1000 a Montreal e Cobolli si è spinto per la prima volta alla Finale dell’ATP500 di Washington. In entrambi i casi si parla di tornei sul cemento. Ecco che quindi gli equilibri stanno mutando, sulla base anche di quanto fatto alcuni anni fa in Italia con il progetto “campi veloci” e una mentalità nella quale avere voglia di aprirsi anche ad altro.