La salvaguardia delle beffe. Ieri città a mollo, nonostante le previsioni azzeccate al centimetro e l’allerta Mose.
In città l’acqua alta ha raggiunto quota 96 centimetri, mandando sotto San Marco e Rialto, i Tre Archi e molte aree della città. Eppure l’allarme era stato dato, le squadre di sollevamento del Mose, opera costata fin qui quasi 7 miliardi, erano pronte, dopo la decisione di qualche giorno fa di sollevare non più a 120 ma a 110. Com’è possibile allora?
Il via libera da Roma del commissario Mose Elisabetta Spitz è arrivato soltanto alle 10 del mattino, poco più di un’ora prima del picco massimo. Quando la marea era già entrata in laguna e aveva raggiunto in mare alle tre bocche di porto i 110 centimetri, in laguna i 92.
Mezz’ora per sollevare le paratoie, ma intanto l’acqua era già dentro. Proteste da parte di cittadini e commercianti, imbarazzo anche tra la autorità.
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Il motivo del ritardo? Il nuovo protocollo, messo a punto dalla commissaria dopo l’ordinanza del Provveditore che fissava la scorsa settimana la nuova quota per il sollevamento del Mose in fase provvisoria.
Si alza solo quando l’acqua supera i 90 centimetri a Punta della Saluta, recita il documento, peraltro non ancora consegnato a Comune e categorie e mantenuto “segreto”. Sarà presentato lunedì all’Autorità portuale.
Dove la prudenza per i sollevamenti viene accolta con favore. Ma anche qui l’incertezza non provoca buoni effetti. In attesa della decisione arrivata anche stamani molto tardi, le navi sono state infatti fermate in rada dalla Capitaneria.
La decisione di chiudere “tardi” ha provocato danni, disagi ed effetti collaterali. Nonostante l’annuncio che il Mose sarebbe stato sollevato, il momento in cui è stato premuto il bottone ha permesso all’acqua di allagare le parti più basse della città. E l’incertezza, anche qui, provoca guai.
Come la mancata posa delle piccole opere locali di difesa (paratie), o più banalmente la mancanza degli stivali per studenti e lavoratori che si devono spostare. O anche la possa delle passerelle, che ha un costo elevato a carico del Comune. Oppure la modifica dei percorsi e dei servizi Actv.
Oltre quota 90 infatti la circolare del GiraCittà non passa sotto il ponte dei Tre Archi e deve percorrere il Canal Grande. La linea 2 non passa sotto il ponte della Ferrovia per andare al Tronchetto, e così via.
Proteste e rumori anche in Provveditorato, dove tra l’altro la marea allaga anche il portone di entrata del Palazzo dei Dieci Savi.
Il nuovo “protocollo” a cui Consorzio, e tecnici sono stati invitati ad attenersi alla lettera, è stato stilato dalla commissaria dopo l’approvazione della nuova ordinanza da parte del Provveditorato.
I limiti così rigidi nelle ore precedenti la decisione si spiegano con la volontà di non alzare con un costo di 150 mila euro alla volta le dighe quando l’acqua non arriva realmente a 110.
E anche nel risparmiare manovre che logorano il sistema (pensato per essere azionato poche volte l’anno, oggi utilizzato una trentina di volte, in prospettiva visto l’aumento del livello del mare anche 70 volte l’anno).
Il fatto è che il Mose era stato pensato per entrare in funzione con le acque alte “eccezionali” sopra i 110. Mentre la città dovrebbe oggi essere protetta con le opere di difesa locali. In trent’anni il Mose è quasi ultimato, le opere di difesa sono ancora quasi all’anno zero.
Potrebbe essere pronta la prima parte dell’insula di San Marco entro l’anno, le rive dei Tre Archi entro qualche mese. Ma restano ampie aree indifese perché quei progetti non sono ancora pronti né finanziati.
Il messaggio è “il Mose per voi non servirà, è solo per le acque alte eccezionali”. Almeno saperlo.