foto da Quotidiani locali
Due notti negli hotel e 2,55 nelle strutture extralberghiere. La durata media delle vacanze, a Venezia, si conferma nell’ultimo anno quella di una quasi “toccata e fuga”. Ad allungarsi, però, è la durata complessiva della stagione estiva: ormai i tassi di occupazione degli hotel si mantengono elevati addirittura fino a ottobre.
E se si considerano i ponti e le festività – a partire da Carnevale fino al ponte dell’Immacolata e alle festività natalizie – si può quasi dire che, almeno per il turismo, non ci sono più le mezze stagioni.
La conferma arriva dagli ultimi dati registrati da Ava. «Per la stagione estiva», spiega il direttore dell’Associazione Veneziana Albergatori, Claudio Scarpa, «le prenotazioni scavallano i mesi di luglio e agosto e si allungano anche su settembre e ottobre. Una situazione che ci fa prevedere un livello di occupazione delle strutture che si posizionerà sicuramente oltre l’85% nel fine settimana e buoni livelli oltre il 70% nell’infrasettimanale. Sono sicuramente numeri importanti che ci consentono di ritenerci soddisfatti».
L’associazione registra, al tempo stesso, che i livelli di fatturato si mantengono ridimensionati, come nel 2023, su una riduzione del circa 12/15% rispetto al 2022: «Un dato significativo per gli imprenditori alle prese con i costi lievitati», chiosa Scarpa. Novità anche dall’andamento delle provenienze degli ospiti, un dato che determina anche la capacità di spesa.
«A partire dallo scorso anno», osserva il vicedirettore Daniele Minotto, «Venezia è tornata a registrare, come primissima provenienza, gli Usa che secondo gli ultimi dati rappresentano il 17% degli arrivi complessivi e pesano per il 18% per quanto riguarda il solo comparto alberghiero. Un dato interessante è che il 76% degli arrivi del comparto alberghiero provenienti dagli Usa pernotta in strutture a 4 e 5 stelle, quindi si conferma l’importanza di questa utenza in termini qualitativi ed economici e il suo peso nel fatturato complessivo del settore turistico».
Nel complesso, gli arrivi degli italiani continuano a segnare un dato leggermente più alto rispetto al pre-covid, segno di una scia della tendenza innescata dalle misure di prevenzione: la percentuale complessiva è del 15. 5% e il dato è leggermente più alto calcolando il solo comparto alberghiero e tocca il 17%.
La situazione si diversifica a partire dalla seconda nazionalità di provenienza (presenze che singolarmente rappresentano meno del 10% ciascuna): per gli hotel al secondo posto c’è la Gran Bretagna e per i complementari la Francia, al terzo per gli hotel la Francia e per i complementari la Germania, al quarto per gli hotel la Spagna, per l’extralberghiero la Gran Bretagna. Gli spazi lasciati dal mercato russo e in generale dalle aree interessate dai conflitti, che rappresentavano il 2% degli arrivi, sono stati coperti dal mercato sudamericano, che aumenta la sua presenza in città.
