Ha chiuso nei giorni scorsi anche Tasty Pokè in via San Rocco angolo via Manin, a due passi da piazza Ferretto, locale che aveva aperto solo nel 2022. Una catena in franchising, dove era possibile scegliere la combinazione e gli ingredienti di quello che viene definito “healthy-fast food”, piatto che arriva dalle Hawaii e ha spopolato in tutta Europa.
La moda delle bowls evidentemente non ha spopolato in città, nonostante la qualità fosse ottima e il giovane che le componeva, davvero preciso e preparato, esaudiva i desideri dei clienti indovinando i loro gusti.
La chiusura del locale di via Manin, segue quella, sempre recente, di via Poerio, dove campeggiano ancora le grandi vetrine con tanto di scritta “Poke” e sotto Hawaiian Sushi.
Il locale aveva cambiato gestione, e per un certo periodo è stato anche molto frequentato, probabilmente perchè si trattava di una novità. Sotto Natale l’improvvisa chiusura. Ancora nessuno, però, ha preso il posto del Poke.
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A poche centinaia di metri, in Calle Corte Legrenzi, PokèFactory era stato il primo a chiudere i battenti. Oggi passando si legge il cartello “affittasi”. Tutti e tre lavoravano molto con il delivery e il cibo a domicilio, erano più i motorini che si vedevano davanti, che la fila di persone dentro.
E talvolta toccava stare in coda ad attendere i clienti “virtuali” che aspettavano le combinazioni di bowl seduti comodi sul divano.
Le mode sono cambiate dopo il lockdown e salutata la pandemia, quando in tantissimi ordinavano a casa. Oggi si è tornati a uscire e in qualche caso, alcune catene abituate a lavorare quasi esclusivamente con le ordinazioni sui siti di fast food online, si sono trovate in difficoltà.
Nel caso di via Manin-via San Rocco, si tratta di un angolo non fortunatissimo per la ristorazione, dove hanno chiuso diversi bar nel corso degli anni.
Rumors danno l’arrivo di un locale specializzato in brunch, che dovrebbe aprire entro un mese circa.
Sempre pieni sono invece i cocktail bar, le osterie, i locali dove si fa aperitivo e post cena, molto spesso open-air.
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Ma in centro, non sono gli unici, i Pokè, ad avere chiuso. Il turnover è altissimo, nel mondo della ristorazione in questi ultimi anni.
In galleria Placido Aldighieri ad agosto 2023 aveva preso casa Nuts, una sorta di bar pasticceria aperta su tre lati, che proponeva dal dolce al salato, e persino le bowls. Si trattava di un franchising stile europeo adatto a pranzi veloci, aperitivi di ogni genere e per ogni palato. Dietro il bancone c’era Fatou Diallo, trentenne senegalese. A distanza di sei mesi, il locale ha chiuso i battenti e ora ci sono solo le insegne.
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In calle Battisti, a due passi dal cinema Toniolo, ha lasciato da poco l’ultima gestione del Caffè Grande Italia, insegne storiche di un locale che ai tempi d’oro della città faceva pienone. E che oggi dopo diversi tentativi, rimane chiuso in attesa di tempi migliori.
Poco distante la Casa del Caffè di Galleria Barcella, altro locale storico e amatissimo dalla città e soprattutto da generazioni di clienti, ha chiuso perché i gestori hanno scelto di godersi la pensione meritata. Lasciando, però, un grande vuoto in centro, tra chi li ha frequentati per lunghi anni.
E sempre in piazza ci sono ancora le vetrine vuote di Convivium, pasticceria bistrot cocktail bar che ha svuotato i locali oramai da un pezzo, senza che al suo posto sia ancora arrivato nessuno.
«Il poké è una moda, come lo è stato lo all you can eat. E le mode passano, vanno e vengono. Ma non è da sottovalutare il fatto che sono legate anche a un consumo veloce di chi sta in ufficio, e se gli uffici vengono tutti spostati fuori dal centro, questo è il risultato». Alvise Canniello, direttore di Confesercenti metropolitana Venezia Rovigo, commenta la chiusura delle catene di bowl hawaiane, spesso una contaminazione di varie culture, che però in città non hanno attecchito.
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«Quando gli uffici si spostano, pubblici e non, i primi a risentirne sono i locali classici e di seguito le catene di cibo veloce».
Chiarisce: «La ristorazione, evidentemente sostituta dai take away come i poké, è passata di moda. Ma altri locali sul take away di diversa tipologia stanno investendo, perché vanno bene. La sera in alcune arterie viarie anche quando fuori non c’è nessuno, si vedono solo rider che sfrecciano per portare i pasti in orario. Non direi dunque che c’è un calo in questo senso, ma solo un cambio di merceologie e gusti».
Il turnover, però, altissimo. «Quello è legato al costo degli affitti, altro grosso problema. Scelgo una posizione strategica ma poi non ci sto dentro con i costi».
Altro fattore da non sottovalutare: «Ormai il 95% di quello che apre a Mestre rientra nel settore del “food”, la competizione è altissima e c’è il rischio di cannibalizzarsi a vicenda. Gli “storici” hanno il problema del passaggio generazionale, resiste chi ha qualcuno su cui contare. I nuovi, invece, devono fare i conti con i competitors e dunque la bassa marginalità di guadagno. Altrimenti bisogna trovarsi una nicchia competitiva e su quella investire».
Soluzioni? «Serve una programmazione vera, bisogna ragionare assieme sugli spazi vuoti, cosa serve davvero e sugli affitti troppo onerosi». —
