Anche quest'anno assistiamo al triste conto dei femminicidi; nel 2025 la conta ricomincerà e così per molti anni ancora. Non è altrettanto nota la tragica conta delle bambine e dei bambini orfani di femminicidio; migliaia in Italia. Non hanno la stessa risonanza mediatica nemmeno i molto più numerosi tentati femminicidi, agiti da uomini di qualsiasi estrazione verso donne di ogni estrazione ed età.
I dati sulle violenze silenziose agite fra le mura domestiche e riportate dall'ISTAT sono invece noti e aberranti: una donna su tre in Italia ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale per un totale di più di 6 milioni di donne fra i 16 e i 70 anni.
Sono così aumentati in Italia i Centri e le Case Rifugio, anche se non hanno ancora raggiunto gli standard dettati dall'Unione Europea che raccomanda un Centro ogni 50 mila abitanti e un posto letto ogni 10mila abitanti.
Abbiamo bisogno di cambiamenti culturali, e in quanto tali lunghi e lenti, e nel frattempo la nostra vita quotidiana e (nella peggiore delle ipotesi) le cronache ci dimostrano che tutte e tutti noi siamo tuttora e indistintamente "portatori sani" consapevoli o ignari di stereotipi e discriminazioni di genere eclatanti o striscianti.
Gli esempi persistenti di stereotipi di ruolo e atteggiamenti ritenuti appropriati per maschi e per femmine sono infiniti: dalla modalità di espressione dei sentimenti al vestiario, dalla perdurante divisione dei ruoli nelle coppie alla scelta di percorsi universitari umanistici piuttosto che scientifici, dall'investimento nel mondo del lavoro all'accudimento dei figli o dei genitori anziani.
Un esempio di macro causa di discriminazione con ricadute gravissime sulla libertà di autodeterminazione delle donne, è il noto problema del costo della retta degli asili nido, inarrivabile anche per famiglie con reddito medio. Ancora oggi è la donna che "decide" di lasciare il lavoro per dedicarsi all'accudimento dei figli, rinunciando alla propria carriera lavorativa e soprattutto alla propria indipendenza economica.
Molte altre sono le piccole e grandi discriminazioni che possono farci scivolare distrattamente lungo il piano inclinato della violenza, poiché ogni discriminazione tollerata da uomini e donne limita il potere di autodeterminazione delle donne e aumenta la disparità di potere reale o percepita fino a generare in troppi casi atrocità in nome di un sentimento che si chiama “appropriazione indebita della vita di un'altra persona” e mai amore.
Ad ogni nuovo femminicidio i giornali si riempiono di articoli che riportano lo stesso copione: coppia in fase di separazione, non accettazione della separazione, premeditazione del femminicidio, orfani "speciali". Ci basta davvero essere spettatori attoniti di fronte al riprodursi di questo copione? Lo sbigottimento e l'estremo dolore delle persone e delle famiglie coinvolte va rispettato. A tutti gli altri, donne e uomini, spetta di autoresponsabilizzarsi per il riconoscimento di ogni discriminazione e per cercare di superarla, ciascuno nel proprio quotidiano e nel proprio ruolo professionale, perché i femminicidi sono solo la punta di un iceberg di un sistema sociale che non funziona, basato ancor oggi su una cultura di dominio patriarcale che può essere cambiata solo grazie all'azione di ciascuno. Nessuno escluso.
