Il Santa Maria della Misericordia che festeggia il secolo di vita è un istituto diventato, anno dopo anno, meta e simbolo dell’efficienza della sanità regionale e nazionale. Un ospedale hub, come si definisce oggi, a identificare quelle strutture d’eccellenza in grado di affrontare le patologie più complesse e di mettere a sistema conoscenze, reparti diversi e tecnologie per il bene primario del paziente. Riavvolgendo i nastri della memoria, il nosocomio cittadino, così come lo conosciamo tutti, spegne sì ufficialmente le sue prime cento candeline datando il battesimo alla posa della prima pietra avvenuta il 5 ottobre 1924. Ma in realtà le sue radici sono ancora più profonde e antiche perché il nome che porta un ospedale capace di passare dalla monarchia sabauda alla seconda Repubblica – ma forse siamo già ampiamente entrati anche nella terza – senza mai perdere la sua ragione d’essere, e curando milioni di persone, è figlio di una storia ancora più antica, quasi millenaria.
Così oggi, sia per chi sarà alla cerimonia ufficiale, sia per chi prenderà in mano questo inserto speciale ideato per l’occasione, la connessione tra presente e passato non si materializzerà soltanto nella forma di una sanità a colori e di una in bianconero. No, idealmente si potrà immaginare anche un viaggio nella storia più antica di Udine e del Friuli tornando indietro, con il pensiero, fino al Medioevo. Ma pure volgendo lo sguardo attento, e ci si augura curioso, fino al futuro prossimo perché l’ospedale civile di Udine è già focalizzato sulla sanità del domani che inevitabilmente abbraccerà tecnologia e intelligenza artificiale, mettendo sempre al centro, però, il capitale umano: indispensabile metro di riferimento per chi cura e chi, invece, deve essere curato.
La sanità pubblica, così come la conosciamo oggi, è una conquista che trae le sue origini principali dalla ricostruzione post-bellica. Più di sette secoli fa non soltanto il concetto di welfare state non era stato nemmeno lontanamente categorizzato, ma le cure stesse rappresentavano un comparto da lasciare all’iniziativa di persone, e gruppi, di buoncuore. Sicuramente non erano (quasi mai) qualcosa di organizzato a livello centrale. Per quanto riguarda Udine, negli archivi pubblici il documento più antico ad attestare l’esistenza dell’ospedale risale al 1282. Fu proprio in quell’anno, infatti, che nel capoluogo friulano sorse la fraterna di Santa Maria della Misericordia dei battuti – il cui nome viene portato avanti da quasi otto secoli – che si assunse il compito, e la responsabilità, di prestare soccorso agli infermi e ai poveri. Ora, serve poca immaginazione per capire come le “cure” a domicilio fossero a dir poco difficili e poco agevoli.
Non sorprende, pertanto, che la fraterna decise di scegliere un’apposita abitazione in città in cui ospitare gli ammalati. Nel giro di un secolo, inoltre, la Santa Maria della Misericordia si era già trasformata in un ente dotato di patrimonio personale, organizzazione sul territorio cittadino, amministrazione e – ovviamente vista l’epoca – una propria chiesa con annesso oratorio. Passano i decenni e nella seconda metà del Cinquecento l’ormai definito ospedale Santa Maria della Misericordia dei battuti vara una sorta di fusione a tre assieme a quello intitolato alla Trinità degli Alemanni, gestito dalla fraternità germanica in Friuli, e a quello dedicato a Santa Maddalena degli Esposti. Così, in città nasce un nuovo (e unitario) nosocomio denominato Ospedale Maggiore Santa Maria della Misericordia dei Battuti. Alle tre realtà religiose che si erano unite nel XVI secolo, più o meno due secoli dopo, si aggiungono altrettante confraternite laiche: San Gerolamo, San Nicolò di Rauscedo e Sant’Antonio Abate.
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Ed è proprio in quel momento, quando corre l’anno 1775, che l’ospedale assume la denominazione ufficiale di Santa Maria della Misericordia, cioè come lo conosciamo ancora oggi. Il problema, a quel punto, è di dimensioni, perché il nosocomio non è più adatto a ospitare un numero di malati che cresce in proporzione all’aumento degli abitanti della città. Ed è in quegli anni che l’allora arcivescovo di Udine, monsignor Gian Girolamo Gradenigo, veste i panni del promotore per la costruzione di una nuova struttura. Il cantiere, utilizzando un termine moderno, si apre nel 1782 nelle vicinanze del chiostro dei Padri minori conventuali di San Francesco. Per capirci, è quell’area oggi alle spalle di piazza Venerio e, appunto, dell’ex chiesa di San Francesco. Di più: l’edificio che dal 1833 e, come vedremo, fino all’inizio del XX secolo ospiterà il nosocomio è quello dove attualmente si trova il nuovo Tribunale di Udine che, non per niente, sorge su un piazzale chiamato proprio largo Ospedale Vecchio. Dopo una decina di anni di lavori, l’ospedale viene finalmente completato cominciando ad accettare non soltanto ammalati acuti da curare, ma anche malati cronici e quelli che, all’epoca, venivano chiamati inabili e mentecatti. Al suo interno, tra l’altro, vede la luce pure un asilo infantile.
La struttura di largo Ospedale Vecchio resta in funzione per oltre un secolo, cura migliaia di feriti durante la Grande Guerra e subisce prima i bombardamenti austroungarici e, dopo la disfatta di Caporetto, anche l’occupazione delle truppe asburgiche che lo spogliano praticamente di ogni bene al momento della ritirata precedente la resa di Vienna. Una volta tornata in carico l’amministrazione sabauda, ci si rende conto, quasi immediatamente, di dover costruire un nuovo ospedale. È l’allora sindaco di Udine, Luigi Spezzotti, a insistere, nel 1922, sulla necessità di realizzare ex novo un nosocomio all’esterno dell’allora confine della città. La scelta cade quasi immediatamente sull’area a nord-ovest di Chiavris.
Nasce il Consorzio per l’ospedale, viene bandito un primo concorso per la realizzazione dello stesso e così si arriva al 5 ottobre 1924. Piove, quel giorno, su Udine, ma alla posa della prima pietra del nuovo Santa Maria della Misericordia è regolarmente presente l’allora re d’Italia, Vittorio Emanuele III, che in questo modo mantiene la promessa fatta a Spezzotti, diventato nel frattempo deputato e sottosegretario alle Finanze. Un avvenimento storico per la città, senza dubbio, ma in realtà molto più simbolico che reale se pensiamo a come serviranno diversi anni prima dell’inizio dei lavori veri e propri. Cominceranno soltanto nel 1929, su progetto dell’ingegner Eugenio Mariutti cui è dedicato l’attuale padiglione 15 del nuovo ospedale. Il primo padiglione a vedere la luce è il vecchio Forlanini nel 1931, la cui demolizione, settant’anni dopo, consentirà la realizzazione del I e II lotto del nosocomio nella versione di come lo vediamo oggi.
A seguire, nonostante lo scoppio del conflitto mondiale, tocca al padiglione delle Chirurgie – con quattro piani per le degenze più un seminterrato per i servizi di Radiologia e Fisioterapia –, quello dei Pensionanti – cioè l’attuale 6 che verrà demolito nei prossimi anni – e la palazzina dei servizi generali. La fine della Seconda Guerra mondiale, che impatta notevolmente sulla struttura ospedaliera, porta con sé la necessità di ampliare ulteriormente il Santa Maria della Misericordia. Particolarmente attivo è il periodo compreso tra il 1946 e il 1959 quando viene realizzato il padiglione delle Specialità, ampliato quello delle Chirurgie – sopraelevandolo per ospitare le divisioni di Neurologia e Neurochirugia – e lo spazio per la cucina, si costruisce la chiesetta all’interno della struttura nonché, infine, il padiglione delle Medicine. L’anno successivo, invece, vengono apportate alcune modifiche al progetto iniziale come la costruzione dell’ala occidentale dell’ospedale e la sistemazione a sezione dozzinanti di quella orientale. Il padiglione d’ingresso, invece, comincia a essere costruito nel 1968 per essere completato nel 1977. L’anno successivo, quindi, si avviano i lavori per la costruzione del padiglione Materno-Infantile, terminato nel 1988, e anche di quello delle Nuove Mediche che invece vede la luce nel 1986.
A partire dagli anni ’90, le varie amministrazioni decidono di avviare un piano di riqualificazione generale dell’intero comprensorio ospedaliero. Nel 2000, entrando nello specifico, si apre il cantiere dell’ammodernamento che, al momento, ha visto la conclusione di due dei quattro lotti previsti con la nascita del padiglione 15, della nuova centrale tecnologica e del centro servizi. Il nuovo edificio ospedaliero, come accennato, prevede a sistema ancora due lotti. Gli interventi attualmente in corso hanno un costo complessivo di 135 milioni di euro – interamente finanziati dalla Regione – e tra le novità principali prevedono anche il trasferimento del Pronto soccorso dalla sede attuale in via Colugna ridisegnando, dunque, pure l’intero sistema di viabilità della zona anche in virtù della futura possibilità da parte dell’elisoccorso di atterrare direttamente sul tetto del corpo centrale del maxi-immobile, una volta terminati i lavori di costruzione.
Nel frattempo il Santa Maria della Misericordia è diventato il più grande ospedale del Friuli Venezia Giulia. Una città nella città con oltre 4 mila dipendenti, 44 mila 551 metri quadrati di superficie totale, di cui 8 mila 952 dedicati ai servizi sanitari e 9 mila 586 alle degenze. Un ospedale che, come accennato in apertura, rappresenta il nosocomio hub dell’intera Azienda sanitaria universitaria del Friuli Centrale.
Un’Azienda, cioè, che a partire dalla riforma targata Riccardo Riccardi ingloba l’intero territorio della provincia di Udine. Assieme ai suoi nosocomi spoke, nel dettaglio, l’ospedale cittadino è diventato da tempo la struttura principale per quanto riguarda la salute di oltre mezzo milione di friulani – da Tarvisio a Lignano Sabbiadoro –, ma anche un riferimento assoluto per gli interventi di urgenza ed eccellenza e che, ogni anno, salvano la vita a decine di pazienti in arrivo da fuori regione nonchè, spesso, dall’estero. E che non ha alcuna intenzione di mutare la sua mission. Da qui, ai prossimi cent’anni almeno per festeggiare, quando sarà, un altro secolo al servizio della salute e della sanità. Rigorosamente pubblica. —
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