«Che cos’è un buco nero?». «Come concili le tue passioni?», ma anche «sei felice?» e «come fai a sistemarti così i capelli?».
Fantasia e spontaneità negli occhi e nelle voci di oltre mille ragazzi che si sono messi in fila per prendere il microfono e rivolgere una domanda alla star della fisica sui social, Vincenzo Schettini, protagonista dell’evento inaugurale di “Collega–menti”, il festival che l’università di Udine dedica alla scienza e al dialogo tra i saperi. T-shirt nera e sneakers, l’arma del divulgatore pugliese con il ciuffo è la spontaneità, che dal mondo di internet ha portato fino in tv.
Come si racconta la scienza sui social? «Con un linguaggio semplice e diretto, immediato e democratico. L’algoritmo è spietato: premia solo chi è davvero convincente, e a volte mi fa sentire prigioniero».
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In che senso? «Non ho più tempo libero, sono sempre connesso e contemporaneamente esposto alle critiche di chi non mi conosce. L’importante è non perdere mai il proprio centro, restando in equilibrio tra le proprie passioni, che a volte sembrano così lontane: oltre alla scienza io amo la musica, mi sono diplomato in violino al conservatorio di Monopoli e giro per la Puglia facendo concerti».
Durante l’incontro con i ragazzi ha definito i genitori “i primi influencer” per i figli, spezzando una lancia a favore degli insegnanti, spesso accusati di scarsa attenzione nei confronti degli studenti.
Come sono stati i suoi? «Fantastici. Il più grande modello è mio padre, che all’inizio non capì la mia omosessualità e dopo alcuni anni mi chiese scusa davanti a tutta la famiglia. Da lui, impiegato dell’Olivetti, ho imparato ad amare la scienza. Da mamma, artista, ho appreso la capacità di guardarmi dentro e insieme l’empatia verso gli altri, il sapermi mettere in relazione».
Due libri, “La fisica che ci piace” e “Ci vuole un fisico bestiale”, il programma su Rai 2, i tour in teatro: cosa vede nel suo futuro? «Per ora guardo il presente, mi sento in un frullatore meraviglioso alimentato dal consenso – ci tengo a definirlo consenso e non successo – di chi mi segue. Non voglio però che muti la mia natura di “prof”. In futuro, a pensarci bene, forse mi piacerebbe provare a fare radio: è un linguaggio che mi attira, ma chissà ».
Tre consigli che darebbe agli studenti di oggi? «Di amare i docenti che hanno di fronte a loro, perché da lì devono partire: non bisogna iniziare dal TikTok di un minuto, ma dal professore che si ha di fronte. Poi, essere molto concentrati nella fase di apprendimento delle nozioni, perché lo studio delle materie scientifiche è rigoroso, è metodico. E infine essere curiosi nei confronti delle scienze e anche delle lingue straniere, concedendosi il lusso di sperimentare e di sbagliare. Crede che al Cern di Ginevra , dove ho studiato, tutti conoscessero benissimo l’inglese?»