Chiuso definitivamente l’unico forno rimasto attivo come produzione di pane a Fagagna.
Luca Lizzi ha lasciato il suo lavoro dopo 42 anni di attività. Aveva mantenuto la tradizione della consegna a domicilio creando così una rete di rapporti quotidiani che lo ha legato alla gente.
Ogni giorno, aiutato dalla moglie Elena scomparsa il 17 agosto scorso a 54 anni, Lizzi la notte lavorava producendo pane di tutti i tipi e al mattino la moglie lo raggiungeva dando un importante aiuto nel negozio, mentre lui partiva con il furgone per fare le consegne.
In via Umberto I, al civico 33, dal panificio Lizzi fuoriusciva quel buon profumo di pane fresco, che ormai è raro sentire, che attirava persone di ogni età, anche i bambini naturalmente per brioches e pasticceria secca.
Un punto di riferimento, un ritrovo anche sociale il panificio Lizzi, nel quale venivano ad acquistare anche dai paesi limitrofi come Moruzzo, Caporiacco, Rive d’Arcano e altri, gli oltre 30 tipi di pane che sfornava Lizzi.
A seconda dei periodi, andavano di moda varie tipologie di panificazione. Ultimamente, racconta Lizzi, erano molto ricercati i pani scuri, integrali, con farine grezze e meno lavorate.
Negli anni come è cambiato l’approccio della gente al prodotto pane?
«Con l’avvento dei supermercati è cambiata la disponibilità, immensa, di specialità alternative al prodotto pane. Questo ha fatto sì che si creasse una discriminazione tra la gente che preferiva il pane artigianale ai molti che invece, avevano scelto un prodotto confezionato».
C’è stata quindi una diminuzione della vendita?
«Negli anni sì. Ultimamente si era riscontrato un ritorno ad apprezzare il pane artigianale ed anche una certa ricerca della qualità».
Cosa serve per fare un buon pane?
«Innanzitutto serve tempo, che è la cosa fondamentale, la qualità si è persa perché molti hanno fretta di produrre, i “riposi” della pasta ci vogliono come i tempi giusti di lievitazione. Non usando la chimica bisogna rispettare le temperature dell’acqua che si usa e dell’ambiente esterno».
Ha avuto collaboratori? «Negli anni i collaboratori che mi hanno affiancato sono stati fondamentali per la riuscita dell’impresa e dell’azienda. A loro va il mio sentito ringraziamento per l’aiuto. Nel mio cuore resteranno per sempre».
Cosa le mancherà del panificio?
«Il lavoro è stato duro, la chiusura è stata forzata dalla malattia e scomparsa di mia moglie, altrimenti avremmo continuato insieme, felici, per qualche anno ancora l’attività tutte le notti dal lunedì al sabato. Mi mancherà tanto il rapporto con le persone creato anni di quotidianità».
Consiglia ai giovani di fare i panettieri?
«Il mestiere è faticoso, richiede sacrificio, gli orari della notte sono impegnativi. Però fare il panettiere è bello e dà tante soddisfazioni. Io con 42 anni di esperienza vengo ancora richiesto da molti panifici che non trovano panificatori».