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Dalla tradizione al futuro, dove stanno andando i media? Idee e proposte per il giornalismo del domani

Dalla tradizione al futuro, dove stanno andando i media? Idee e proposte per il giornalismo del domani

foto da Quotidiani locali

«Il lettore non è perduto, il lettore è disseminato. Il compito del giornalismo di oggi è quello di cercare il lettore dove questo si è spostato, cercando nuove piattaforme, nuovi classi anagrafiche, nuove risposte».

Ad aprire l’evento «Glocal farm», organizzato da Nord Est Multimedia e Festival Glocal, è il direttore editoriale di Nem Paolo Possamai.


In questa giornata di confronti si parlerà di comunicazione ed editoria, guardando a tante e multiple esperienze. Con un obiettivo: tracciare la strada per il nuovo modo di pensare il giornalismo. Ma non si parte da zero: «Riprendiamo il nostro posto sul territorio, in questo Nord Est spesso messo da parte ma da dove nasce quasi il 15% del Pil italiano».

Possamai ha dato, quindi, il via al primo round della giornata di formazione e confronto sul mondo dell’informazione. Si succederanno Francesco Cancellato, direttore Fanpage: Dietro le quinte del giornalismo digitale. Interviene Sara Zambotti, conduttrice Caterpillar Radio 2: Il bello della diretta, come la radio può raccontare la vita che accade.

A seguire Francesca Milano, direttrice Chora News: Le storie da ascoltare: il podcast è una scommessa o il mezzo del presente. Beniamino Pagliaro, founder e ceo di Good Morning Italia: Il tempo è prezioso e le newsletter accompagnano la conoscenza. Bianca Arrighini, co-founder e ceo Factanza Media: Nuovi linguaggi per nuovi lettori: cosa cambia con i social. Fabrizio Brancoli, vice direttore, Nem: Giornalismo di confine: le comunità e i territori. Marco Giovannelli, direttore VareseNews e presidente Anso: Esiste ancora l’iperlocal con il digitale?


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Paolo Possamai (Nem): il nostro patto con il territorio

Si parte con il progetto Nem: come è nata la sfida di Nord Est Multimedia. «Siamo qui perché immaginiamo un momento di ascolto e di confronto, di messa a fattor comune di esperienze». E questa è la bussola anche di Nem. «Anche noi portiamo la nostra esperienza qui, in questo evento, nel tentativo di cercare una via che ci porti fuori da questa terra di nessuno, che è la landa dell’informazione, sempre meno presidiata in maniera strutturale e sempre più in mano a tre soggetti», ha continuato Possamai ribadendo che gli stessi tre soggetti puntano il dito sulla disintermediazione ma che per primi “intermediano tutto”.

Dobbiamo mettere a fatto comune le nostre esperienze. E sperimentare su diverse piattaforme. Qui a Nord Est abbiamo le potenzialità per farlo

«Come Nem abbiamo deciso di riaccendere la luce sul Nord Est acquisendo sei giornali di Gedi: Messaggero Veneto, Piccolo, Nuova Venezia, Mattino di Padova, Tribuna di Treviso e Corriere delle Alpi”». Un punto non di arrivo, certo, ma di partenza verso nuovi progetti: acquisizione di realtà locali come radio, televisioni e altre piattaforme online. Ma la vera sfida di Nem, come ha sottolineato il direttore editoriale, è quella del cambio generazionale: «Stiamo assumendo giovani under 35. Non guardiamo la carta d’identità ma facciamo con loro un patto. Il patto di essere sempre sfidanti, sempre curiosi, sempre pronti per fare un passo avanti».


Francesco Cancellato (Fanpage): «Assumere giovani per farsi leggere dai giovani»

Cosa vuol dire essere un sito generalista? E come cambia il rapporto con i lettori? L’esperienza di Fanpage viene raccontata dal suo direttore Francesco Cancellato: «E’ difficile raccontare la nostra esperienza. il fattore dirimente nel definire la nostra esperienza editoriale è l’essere un giornale indipendente. Il nostro editore è un editore e basta. E non è banale – osserva il direttore – in Italia gli editori puri sono pochi. Un editore indipendente è in grado di garantire ai giornalisti la possibilità di operare a prescindere dai propri interessi economici».

Poi elenca le caratteristiche principali di Fanpage: «Il nostro è un giornale inutile, e questo vuol dire avere un modello di business che funziona. Inoltre – prosegue Cancellato – Fanpage prova a essere generalista e popolare”. E spiega: “Essere generalista significa occuparsi di tutto. Popolare, invece, non avere la spocchia di classificare gli argomenti e dare dignità a ognuno».

Ma la vera forza di Fanpage è il rapporto partecipativo instaurato con il lettorato: «Molte delle nostre inchieste – rivela Cancellato - nascono da segnalazioni di lettori».

Essere generalista significa occuparsi di tutto. Popolare, non avere la spocchia di classificare gli argomenti e dare dignità a ognuno

Altro elemento cruciale? «Siamo un giornale in costante cambiamento. E per costruire il cambiamento, devi essere giovane. Fanpage è un giornale giovane, più che essere il giornale dei giovani. E’ una redazione estremamente propensa a portare valori ed esperienze nuove». E chiude: «Come farsi leggere dai giovani? Assumendo i giovani. Questo è l’augurio che voglio rivolgere al giornalismo italiano».

Sara Zambotti (Caterpillar, radio 2): «La radio compie 100 anni ma è capace sempre di rinnovarsi»

Video Killed the Radio Star, cantava nel 1979 il gruppo britannico “The Buggles”. Niente di più lontano dalla realtà. «La radio compie quest’anno cento anni e posso dire con certezza che è più viva che mai». Le parole sono di Sara Zambotti, conduttrice di Caterplillar (Radio Rai 2). Nel mondo dei podcast, la radio ritrova la sua forza nelle radici dello strumento: la diretta: «Un modo “vecchissimo” di raccontare le storie ma come tutte le storie, anche la radio, ha trovato il modo di innovarsi”», ha detto Zambotti.

E se la storia della radio fosse una parola, sarebbe sicuramente “resilienza”. Si perché lo strumento radiofonico «ha dovuto stare al passo con i tempi e ora è diventato un sistema mediale. Un sistema distributivo che intreccia diversi canali complessi. Ma che si traduce in un modo semplicissimo come quello della diretta».

La radio in diretta è tradizione e futuro. E dove c’è una comunità, c’è sempre la radio


Un po’ di dati per capire il valore della radio in Italia. Secondo il rapporto Censis, 41 milioni di italiani, tra radio e televisione, seguono un programma radiofonico. Oltre il 70% dell'ascolto avviene in automobile. Un modo per essere distanti? Niente affatto: «La radio – dice la conduttrice di Caterpillar – richiama il tema della partecipazione. E dove c’è una comunità c’è una radio». Infatti, il 63 percento di chi segue programmi telefonici interagisce con il programma. Come? Whatsapp, principalmente. O le care e vecchie telefonate. Ma tutto in diretta.


Un altro valore fondamentale che lega la radio agli altri canali informativi è l’engagment o meglio l’attivismo. E qui l’esempio vincente dell’iniziativa: “Mi illumino di meno”. «Le persone fanno cose dalle più folli – racconta Zambotti – dallo stop alle auto agli allenamenti sportivi al buio. Ecco, spegnere le luci alle 18 era una piccola iniziativa ed è arrivata al Parlamento Europeo».


Beniamino Pagliaro (Good Morning Italia): «Il tempo è prezioso, le newsletter accompagnano la conoscenza».

Beniamino Pagliaro racconta l’esperienza di Good Morning Italia, di cui è founder e Ceo. «L’idea iniziale era quella di far risparmiare tempo alle persone - spiega -. Mi rendevo conto che i giornalisti arrivavano alle conferenze stampa senza aver letto i giornali del giorno. Quello mi è sembrato un allarme. Così, nel 2013, ci siamo inventati il briefing di Good Morning Italia, una newsletter gratuita che in 5 minuti dà uno sguardo su quel che serve per affrontare la giornata. Perché tutti abbiamo diritto a non sapere quello che succede – rileva Pagliaro - ma tutti avremmo bisogno di saperlo».

Perché tutti abbiamo diritto a non sapere quello che succede ma tutti avremmo bisogno di saperlo

L'idea si è poi evoluta nel tempo: «Nel 2014 abbiamo deciso di fare il grande salto e passare a pagamento. La nostra comunità all’epoca era di 6 mila persone e più della metà decise di abbonarsi». Oggi conta poco meno di 100 mila persone.

«Il compito del giornalismo – conclude Pagliaro - è far capire ogni giorno alle persone dove si trovano. Il lavoro di Good Morning Italia è rendere più semplici i fenomeni complessi, senza banalizzare».

Francesca Milano (Chora News): «I podcast ci portano dentro le storie»

Chi non ha ascoltato un podcast mentre faceva altro? La fila in cassa al supermercato, le faccende domestiche, durante una passeggiata o mentre cucinava la cena. Bene, questa è la forza dei podcast: catturare la nostra attenzione, spesso a puntate come le migliori storie, mentre facciamo altro. Lo sanno bene a Chora Media dove il podcast è il “verbo”. Un verbo che utilizza un «senso sotto utilizzato, come quello dell’audio», sostiene Francesca Milano di Chora News.

«I podcast per me sono è un pezzo di cartone e come un pezzo di cartone può contenere cose diverse. Un contenitore che può raccogliere informazione e storie. Informazioni fatte di notizie quotidiane e di approfondimenti». Cuffiette alla mano, quindi, i podcast nel palinsesto di Chora riescono a dare valore al tempo che, come sostiene Milano, «è la cosa più preziosa per tutti. E ai nostri lettori chiediamo di dedicarci attenzione in due modi. In tempi brevi per le notizie di giornata (che poi possono essere approfondite). O in tempi più lunghi per le storie che hanno un approccio narrativo diverso».

La forza dei podcast è quella di catturare l’attenzione mentre facciamo altro

Ed è proprio l’approccio narrativo a dare valore ai prodotti podcast: «Mi hanno insegnato che il giornalismo deve essere distante e che la distanza è autorevolezza. Ma non credo sia cosi. L’autorevolezza è competenza, studio, rispetto delle regole. Ecco, noi con l’audio cerchiamo di abbattere quelle distanze. Perché un virgolettato, per quanto possa essere fedele, sarà sempre distante. E solo la voce ci restituirà il tono, il calore, di quelle affermazioni.

Infine, un altro aspetto che rende il mondo dei podcast interessante. Il lavoro in team: «Lavora in gruppo con professionalità diverse è arricchente».

Bianca Arrighini (Factanza): «I social non sono più il posto dei balletti»

I social sono un’onda. Ora di fronte a un’onda si può decidere se rimanere sommersi o cavalcarla. Factanza ha costruito una “tavola da surf” e riesce a stare in superfice. E lo si capisce anche da come nasce il progetto di Factanza Media raccontato dalla co-fondatrice Bianca Arrighini: «Factanza è nato nel 2019, io avevo 21 anni. E non è nato perché pensavo quanto fosse “fancy” creare questo progetto ma perché stavo studiando all’Uni e non trovavo un media che mi rappresentasse e che utilizzasse i miei strumenti. Ma questo non solo io, tutta la nostra generazione».

E a guardare i dati, in effetti, il gap generazionale non è mai stato cosi grande. «Abbiamo diversi stili di vita, diversi valori. E anche diversi modi di approcciarci all’informazione», sottolinea Arrighini che richiama alcuni dati significativi: «Oggi un italiano su tre si informa solo sui social network. Forse bisogna considerare che sia l’ora di andarci». Sì perché a cambiare non è solo il mezzo ma anche l’approccio a questo. Come sottolineato da Factanza, il 40 percento dei ragazzi non cerca più le informazioni su ristoranti, luoghi di interesse o altro su Google o su maps, ma utilizza sempre di più il feed di Tiktok o Instagram.

Chi fa informazione ha, insomma, sì bisogno di stare sui social ma anche il dovere morale di stare sui social. Perchè se è vero che la fiducia degli italiani verso l’informazione è bassissima è anche vero che bisogna cogliere le grandi opportunità di questo mondo.

I social sono un’onda. Possiamo lasciarci travolgere o cavalcarla con una tavola da surf

«Lungi da me fare un’apologia dei social network. Sono qui per dire che sono una grande opportunità ma anche un grande rischio. Perché tutti possono creare un contenuto, tutti possono dirci cosa è successo ma tutti possono anche creare fake news», spiega Bianca Arrighini. Cosa fare allora? Ecco la proposta per “vecchi” e “nuovi” mezzi: «I sono una grande piazza, dove ci sono tutti. Immaginiamoci che noi vogliamo entrare in questa piazza e parlare. Ma parlano un’altra lingua. Ecco qui entriamo in gioco noi. Dobbiamo imparare quella lingua e imparare a comunicare sui social. Servono, quindi, figure preparate».

Fabrizio Brancoli (Nem): «Il giornalismo di confine è peculiare»

Come si racconta il giornalismo di confine? E quali sono le differenze. Le spiega Fabrizio Brancoli, vice direttore Nem con delega al Piccolo di Trieste: «Trieste è un mosaico, inesorabilmente parcellizzato – sostiene Brancoli -. E’ tornata in Italia più tardi della altre città, nel 1954. La sua vocazione è espressa dalla sua storia e resta presente nella città. Ma al tempo stesso si evolve, perché la città è molto aperta».

La domanda sorge spontanea: come si fa giornalismo in una zona così? «Il giornale deve tenere conto di tutte le minoranze presenti e deve dialogare con le comunità vicine – risponde Brancoli -. Ogni giorno il Piccolo ha due pagine che i giornali locali non hanno: una è quella dell’Istria, l’altra dei Balcani. E quando ogni tanto queste pagine saltano, i lettori protestano».

Il giornale deve tenere conto di tutte le minoranze presenti e deve dialogare con le comunità vicine

E aggiunge: «Giornalismo di confine significa anche occuparsi dei problemi. Abbiamo molte situazioni tensive, a esempio il Giorno del Ricordo, intorno al quale c’è un dibattito molto vivo. Bisogna quindi stare attenti alla misura, agli spazi, al dibattito che governiamo».

Marco Giovannelli (VareseNews)

Tocca a Marco Giovannelli, direttore VareseNews e presidente Anso, concludere il primo round. Esiste ancora l’iperlocal con il digitale? «I giornali a livello locale diventano strategici, a tal punto che continuano a nascere microesperienze – dice il direttore -. Un giornale locale oggi ha una complessità che non è quella che abbiamo conosciuto fino al Novecento. Negli ultimi anni, abbiamo vissuto un’accelerazione continua di cambiamento e non potevamo non tener conto che il giornale locale è legato alla sua comunità. Il nostro compito diventa seguire la comunità che cambia». Le sfide prossime? «Non solo raccontare, ma saper analizzare la notizia».

Il nostro compito diventa seguire la comunità che cambia

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