La Fiera delle Parole è alla sua diciannovesima edizione e come sempre ad animarla, nelle vesti di direttrice artistica, sarà Bruna Coscia, che questo festival lo ha ha ideato agli inizi degli anni Duemila – quando ancora i festival culturali non erano di moda – pensandolo come un grande contenitore dedicato alla parola in tutte le sue forme, non solo quella letteraria.
Quest’anno si comincia con un omaggio a Sergio Staino. Un tributo a un grande disegnatore dalla battuta fulminante?
«Non solo, un tributo anche a un amico, mio personale e questo sarebbe poco importante, ma soprattutto della Fiera. Sergio Staino ci ha regalato il logo della Fiera e, fino allo scorso anno, tante vignette che raccontavano l’evento; è stato sempre presente, ha elargito consigli e suggerimenti, ha condotto incontri, e se non era sul palco era in platea ad ascoltare gli autori. La Fiera è nata assieme a lui: ci mancano la sua ironia, le sue idee, non potevamo non dedicargli questa edizione».
Come sempre moltissimi appuntamenti. C’è un filo conduttore?
«La Fiera non è nata come un appuntamento a tema. Il vero filo conduttore è quello che costruiscono a posteriori gli spettatori, che con la loro presenza, con le loro domande ci fanno capire quale è stato il cuore della rassegna. Noi cerchiamo di offrire ragionamenti collettivi su quelli che sono i temi della contemporaneità.
Quindi parleremo delle guerre, parleremo del disagio psicologico sempre più diffuso, parleremo della crisi delle democrazie, parleremo di disuguaglianze, ma senza correre dietro all’attualità stretta. Ci interessa molto di più proporre riflessioni che non abbiano il fiato corto. Questo è quello che si aspetta chi ci segue da anni».
Il pubblico risponde a queste proposte?
«Lo ha sempre fatto e anche quest’anno le prenotazioni ci dicono che l’interesse è molto alto. Molti degli appuntamenti nella Sala A della Fiera, quella da 1200 posti, segnano già il tutto esaurito e la stessa cosa accade ovunque abbiamo inserito la prenotazione obbligatoria, anche se sempre gratuita».
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Ormai molti festival fanno pagare.
«È vero, la tendenza è quella, ma noi continuiamo a pensare a queste giornate come una vera e propria “fiera”, un luogo cioè in cui confluiscano tante persone per scambiare idee, per incontrarsi, per vedere cosa succede, per sentire chi ha qualcosa di nuovo da dire. E su questa impostazione anche il sindaco Sergio Giordani e l’assessore Colasio ci hanno sempre sostenuti con convinzione. Quindi, anche se diventa sempre più difficile, perché i costi aumentano per tutti, preferiamo l’entrata libera. Semmai coloro che vengono spenderanno poi i soldi per comprare i libri degli autori capaci di stimolarli, che hanno trasmesso la voglia di approfondire».
E chi non trova posto?
«Lo so, questo è sempre stato un problema. Molti ci telefonano delusi perché trovano esauriti molti incontri. Vorrei però dire due cose. La prima è che ovviamente c’è poi sempre qualcuno che prenota e poi non viene per diversi motivi. In quel caso noi facciamo entrare volentieri anche chi non è riuscito a prenotarsi. Il secondo consiglio è quello di leggere bene il programma, perché spesso ci sono incontri in sale più piccole, con autori meno noti, che riservano sorprese inaspettate.
La Fiera va vissuta nella sua totalità, nei suoi tanti luoghi, perché è nella ricchezza dell’offerta che si ritrova il senso collettivo della manifestazione, con lo spazio che diamo a settori come la poesia, la scuola, gli autori del territorio, l’università».
Come sempre il finale di domenica sera è affidato a Roberto Vecchioni. È una tradizione, un portafortuna, un simbolo?
«Forse anche un po’ di tutto questo, ma soprattutto è una voce capace di far pensare e di commuovere. Le sue canzoni ma anche le sue parole, sono piene di umanità e di intelligenza. Ascoltare a distanza di un anno la sua voce è un po’ come fare il punto della situazione, ritrovare l’amico che sa darti speranza, provare il piacere di condividere un pezzo di strada con uno di cui ci si può fidare. Non per nulla è sempre il primo appuntamento a segnare il tutto esaurito».