A causa del gran caldo, alla Belvest, si chiude la mensa. La storica azienda di alta moda, vista l’ondata di temperature torride, ha modificato l’orario di lavoro con un turno unico per tutti i dipendenti dell’area tecnica, dalle 7 alle 13 e poi tutti a casa. Senza la mensa però.
Il nuovo orario scatterà da lunedì 22 luglio fino al 2 agosto, periodo hot secondo le previsioni meteo. La decisione è stata presa dalla direzione per «tutelare la salute dei lavoratori», ma non è stata accolta con grande entusiasmo dai lavoratori, che si vedono di fatto togliere un diritto acquisito come quello della mensa.
A segnalare il disagio è l’ex rappresentante sindacale Susanna Chellin. «Fa specie» afferma Chellin «che per tutelare la salute dei dipendenti, si sopprima il servizio mensa. Va bene compattare il turno riducendolo di due ore per consentire ai lavoratori di rientrare a casa nella fascia più calda, ma si sarebbe potuto fare diversamente, o chiudendo il turno con la pausa mensa, o riconoscendo comunque il valore del buono pasto, visto che l’azienda risparmierà 120 pasti, o almeno prevedendo un cestino. Per contratto l’orario è di 8 ore, 4 al mattino e 4 al pomeriggio con un’ora di mensa. Il diritto mensa è previsto su almeno 4 ore di lavoro. Gli operai non perdono la retribuzione delle due ore mancanti che l’azienda riconoscerà sul pacchetto ore dei permessi retribuiti, ma perdono un servizio importante come la mensa».
L’emergenza caldo è un problema non da poco per la sicurezza sul posto di lavoro, tanto che lo scorso anno è stato approvato un decreto legge per la sospensione delle attività lavorative, con possibilità di accedere alla cassa integrazione ordinaria, nella fascia oraria 14-17 in caso di temperature sopra ai 35 gradi per i lavoratori che operano in luoghi dove non è possibile mettersi al riparo dal sole.
«Sacrosanta la tutela della salute, ma non a scapito dei diritti acquisiti», sostiene Chellin. «La decisione della Belvest di togliere la mensa non è stata condivisa con i lavoratori e nemmeno mai adottata in passato nonostante in alcuni ambienti si arrivasse anche a 43 gradi e l’areazione fosse inadeguata. C’è il timore che possa poi diventare strutturale, in coincidenza con l’allarme caldo o con il freddo se dovessero esserci problemi di riscaldamento.