Scarsi in matematica, discreti in italiano, fortissimi in inglese, con ben poche distinzioni a seconda dell’ordine della scuola. È la fotografia della preparazione degli studenti veneti, immortalata nell’ultimo rapporto Invalsi.
Un “riassuntone” che emerge a partire da una serie di prove, tutte uguali, somministrate agli alunni di tutta Italia nello scorso anno scolastico. E un riassuntone nel quale risalta la poca dimestichezza dei nostri ragazzi con numeri e operazioni.
E quindi, a proposito di cifre, ecco quelle che raccontano le competenze in matematica dei nostri ragazzi. Cifre ben poco lusinghiere, va detto. Tra i bambini di quinta elementare, ben tre su dieci non raggiungono un livello base di conoscenze, dato in perfetta media italiana.
Tra gli studenti di terza media la situazione peggiora, visto che meno della metà dei nostri ragazzi raggiunge una preparazione sopra la sufficienza.
E va ancora peggio in quinta superiore, dove la percentuale dei ragazzi con una preparazione superiore alla semplice sufficienza si assottiglia ulteriormente – nonostante il risultato sia il terzo migliore in Italia – mentre gli studenti con competenze insufficienti sono più di tre su dieci.
Attenzione, però, perché questi sono i risultati degli Invalsi, altra cosa dalle valutazioni in pagella, rimesse invece alle decisioni dei singoli professori. Quando si parla di voti di fine anno, infatti, i nostri ragazzi brillano, e proprio il Veneto è la seconda regione in Italia con il maggior numero di “eccellenze” al termine del primo ciclo di studi, la terza dopo il secondo ciclo.
Quando si parla di prove omogenee tra tutti gli istituti, però, i risultati cambiano. E ne sono una prova anche le altre due materie prese in considerazione per il report degli Invalsi: l’italiano e l’inglese.
Partiamo anche qui dai bambini iscritti alle scuole primarie. E, anche quando si parla di lingua italiana, i risultati non sono esattamente eccellenti, anzi: tra le quinte elementari, un bambino su quattro non ha una conoscenza sufficiente della nostra lingua. Un po’ come nel resto d’Italia, va detto, mentre gli studenti più bravi sono quelli molisani.
La situazione peggiora ulteriormente alle medie, dove gli studenti con una conoscenza insufficiente della lingua italiana sono più di tre su dieci. Un dato tutt’altro che soddisfacente, certo; ma che diventa positivo quando lo si confronta con quelli delle altre regioni: gli studenti veneti sono terzi in classifica, alle spalle di umbri e marchigiani.
E i dati si assestano salendo di grado e raggiungendo le scuole superiori, dove la media degli alunni con una conoscenza insufficiente della nostra lingua rimane oltre il 30%. Qui, però, a fare meglio dei nostri ragazzi sono gli alunni trentini e friulani.
E poi arriva la lingua inglese, divisa in due categorie. Ed è una materia che dà meno dolori di quanto si potrebbe immaginare. Tra gli studenti di quinta elementare, ad esempio, la percentuale di competenze nella lettura inferiore a una valutazione da A1 (il livello minimo) è di appena il 5%; percentuale che sale giusto al 12% nella comprensione orale. I dati, tra le regioni italiane, sono omogenei.
Alle medie la musica cambia, ma non poi così tanto. Tra gli studenti dell’ultimo anno, nella lettura, soltanto il 2% ha un livello inferiore all’A1, uno su dieci ha conoscenze minime e il resto raggiunge l’A2. Nella comprensione orale, invece, la percentuale di insufficienza della conoscenza minima della lingua raggiunge il 20%.
Infine, le scuole superiori. Nella lettura, gli studenti veneti sono i quinti migliori in Italia, pur con una percentuale di studenti che non raggiunge il livello B2 superiore al 35%. E il dato supera il 40%, quando si parla di inglese orale; c’è da preoccuparsi, ma non troppo, considerando che ci sono regioni nelle quali la percentuale è invece oltre il 75%. la
Nel report, c’è poi un’ultima tabella che ci sorride: riguarda il rischio di dispersione scolastica implicita in Veneto e nelle altre regioni. E, da noi, la percentuale è decisamente bassa che altrove. Al termine del primo ciclo di studi, si attesta al 7,9% della platea totale, contro il 12,9% nazionale. E, al termine del secondo ciclo, scende ulteriormente al 2,1%, contro il dato del resto d’Italia, del 6,6%.
