«Ho il cuore pieno di rabbia. Per Valentina che continua a descrivere Mattia come un bruto senza che lui possa più difendersi. Ma anche per me stesso, che non ho fatto abbastanza per convincere mio figlio a chiudere quella relazione tossica». Tino Caruso, il padre di Mattia, conserva dentro di sé la rabbia, come un nodo che stringe forte alla pancia.
È la rabbia di un padre che ha perso il figlio, ma anche il dolore di chi sente che era un destino evitabile. Caruso rompe il silenzio dopo che la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale della Libertà, che aveva negato un affievolimento della misura detentiva. Scelta che rende più concreta la possibilità che Valentina Boscaro, 32 anni, possa uscire dal carcere e scontare la condanna ai domiciliari, con il braccialetto elettronico.
«Mio figlio non c’è più, e Valentina potrebbe trovarsi ai domiciliari. Farla uscire sarebbe un errore gravissimo secondo me», osserva esprimendo preoccupazione. La ragazza è stata condannata a 24 anni di carcere in primo grado lo scorso ottobre. Lunedì è attesa la sentenza della Corte d’assise d’Appello di Venezia. La difesa della ragazza punta invece a cancellare il reato di omicidio volontario aggravato dalla relazione sentimentale, nonché di calunnia, e alleggerire il quadro accusatorio.
«Mi si contorcono le budella a sapere che Valentina potrebbe tornare a casa – commenta Caruso, che negli ultimi mesi è rimasto in silenzio dopo la condanna in primo grado – perché credo che quella ragazza sia pericolosa». Proprio sulla pericolosità sociale resta il dilemma. Mentre nel carcere veronese di Montorio, a Valentina sarebbe stato permesso di maneggiare coltelli durante il suo servizio di cameriera. Un elemento semplice, ma che riaccende il dilemma sulla presunta «pericolosità sociale» con cui la corte di primo grado ha disposto la pena detentiva in carcere.
«Ma Valentina aveva spesso scatti di rabbia, anche improvvisi e imprevedibili», racconta poi Caruso, facendo tornare la memoria al Natale di due anni fa. «Avevamo invitato anche Valentina e la figlia a casa nostra, per le feste», aggiunge il padre della vittima, «io non volevo ma Mattia ci teneva molto. Avevamo trovato l’accordo se lei si fosse astenuta dal dire parolacce o alzare le mani; in casa nostra sono proibite».
«Poi, durante il pranzo, succede un bisticcio tra le bambine che c’erano alla festa. Valentina allora si alza da tavola e si prepara a tirare uno sculaccione alla figlia. La fermai appena in tempo. Le ripetei che la violenza, da noi, non era di casa. Questo è stato solo uno dei tanti episodi che mi hanno fatto capire che la loro relazione sarebbe stata difficile».