Piovono pietre. E non risparmiano nessuno. Si va dalla forma, su cui si sono scontrati il ministro dello Sport, Andrea Abodi e il presidente del Coni, Giovanni Malagò, alle prese di posizione individuali e collettive. Su tutto il “democristianesimo” di Gianni Petrucci che, nel tardo pomeriggio, riceve l’assenso del ministro all’idea di un incontro. Piena disponibilità ad organizzarlo «nella convinzione, più volte ribadita, che solo con il dialogo costruttivo e propositivo si contribuisce a migliorare il sistema sportivo».
Non una luce in fondo al tunnel, ma un pertugio in cui infilare la testa per uscire da una situazione complicata. In serata, infatti, Abodi apre a tutti: Federcalcio, Leghe, componenti tecniche. Unico non invitato, Giovanni Malagò. Il veleno nella coda dei dolci comunicati del ministro.
Nessuno al governo è disposto ad ammettere che l’operazione sia destinata a subire un rallentamento, tuttavia è chiaro che il gradimento del mondo dello sport è ampiamente sotto lo zero. All’unanimità, contro l’agenzia, si sono espresse le due Leghe di calcio e pallacanestro, la Fip e, in serata, anche la Federcalcio, il cui parere era scontato.
C’è chi dice no anche a titolo personale (Evelina Christillin) e chi da candidata europea: la veneziana Carolina Morace che correrà nella circoscrizione del centro per i 5 Stelle. Dunque, il ministro Abodi, pur affannandosi a spiegare il senso della proposta, non è riuscito a convincere nessuno. Un po’ perché il mondo del calcio si è chiuso a riccio, un po’ perché Malagò lo ha accusato di non aver condiviso la proposta governativa. Se a questo si aggiunge quel che il presidente del Coni ha detto («di fronte a Fifa e Uefa, l’Italia è destinata a fare una figuraccia»), lo strappo tra i due appare completo e, forse, non suturabile.
Il punto, però, non risiede su una questione personale, ma su un presupposto che Abodi rifiuta. «Qui non è minimamente toccata l’autonomia sportiva. Si sta semplicemente attribuendo a un soggetto terzo i controlli finanziari, che non rientrano minimamente nelle scelte sportive, prerogativa assoluta della Federcalcio».
Strano, purtroppo, che un ministro dello Sport, già presidente della Lega di serie B, già consigliere federale, già candidato (sconfitto da Carlo Tavecchio) nella corsa alla poltrona della Federcalcio, ignori che la Figc non si occupa solo di «scelte sportive», ma regola tutta l’attività calcistica: dalla giustizia al rispetto dei parametri per iscriversi ai campionati.
Calcio e sport mondi a parte? In un certo senso sì, ma proprio perché così possono difendersi da ingerenze e pressioni della politica e/o dei potentati economici.
Dopodichè Abodi non si muove certo per smania di visibilità. Il tema della terzietà «di cui hanno bisogno soprattutto quei club che pagano regolarmente e che chiedono le stesse regole rispettate da tutti», è vivo e vero.
Ma Abodi ha peccato nel metodo. Proprio perché conosce la suscettibilità e la ritrosia dei dinosauri delle federazioni, avrebbe dovuto agire con maggiore prudenza e, soprattutto, coinvolgendo le diverse anime e istituzioni. Insomma, forse l’effetto sarebbe stato diverso, se - come si usa in politica - si fosse aperto un tavolo di confronto e consultazioni. Da una parte, infatti, è chiaro che la Figc e, forse, anche la Fip devono cambiare i sistemi di controllo. Dall’altra, è impensabile che non si alzino sistemi di protezione quando lo sport viene attaccato in modo tanto frontale.
È forse proprio per questo che la mozione-Petrucci ha sfondato anche in casa della Federcalcio. «Il presidente Gabriele Gravina - è scritto in una nota - chiederà al ministro Abodi di aprire un confronto urgente sul tema, assieme al numero 1 del Coni, Malagò».
Insomma, vediamoci e parliamone. Abodi, forse perché è nella sua natura, forse perché non poteva rispondere altrimenti, ha detto sì. «Il ministro per lo Sport e per i giovani, conferma nuovamente, come sempre, la piena disponibilità a incontrare in questa settimana anche i presidenti di Figc, Lega di serie A, Lega B, Lega Pro, Lnd e delle componenti tecniche, confidando si possa concorrere insieme al raggiungimento dell’obiettivo di configurare uno strumento terzo, nell’interesse, auspicabilmente comune, di rendere più efficiente, credibile, sostenibile e competitivo il sistema calcistico nazionale».
Nel frattempo, si eviterà di portare la questione al Consiglio dei ministri. Sulle modifiche, Abodi è stato più che possibilista: «Il testo è soggetto a ulteriori verifiche, sarà integrato e arricchito di contenuti, ma non può essere stravolto. Vorrei che si prendesse questa decisione perché ritengo sia indispensabile, ne ha bisogno il nostro sistema e ce lo chiede anche l’opinione pubblica».
Affermazione, quest’ultima, piuttosto azzardata. Se, infatti, come detto, anche i fruitori del calcio hanno voglia e bisogno di una maggiore trasparenza, non è scritto da nessuna parte che sia il governo o lo stato a decidere chi ha i conti in ordine.
L’intrigo resta fitto, ma c’è una novità dirimente: si parlano. Se per arrivare a una sintesi operativa o, per rimandare e, magari, affossare tutto, lo diranno le prossime settimane. Tra resa dei conti e dialogo, il crinale, questa volta, è particolarmente sottile.
