PAVIA. Quasi un secolo ormai è trascorso, ma l’impresa che Carla Marangoni e le altre undici ginnaste pavesi compirono allo stadio di Amsterdam, l’8 agosto di 96 anni fa, è di quelle senza tempo, destinate a restare scolpite per sempre nella memoria. Ovvio che la si rievochi nel momento in cui l’Italia della ginnastica artistica femminile (Alice D’Amato, 21 anni, in tutti gli attrezzi; Manila Esposito, 17, nel volteggio, trave e corpo libero; Angela Andreoli, 18, negli stessi esercizi; Elisa Iorio, entrambe 21enni alle parallele) riesce ad imitarla conquistando un altro argento, alle spalle degli Stati Uniti e davanti al Brasile, terzo.
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Giovanissime, le quattro “Fate” azzurre. Ragazzine, le pavesi. La più piccola, Luigina Giavotti, non era neppure 12enne; Lavinia Gianoni, la più anziana, aveva 17 anni e mezzo; poi Bianca Ambrosetti (classe 1914), Virginia Giorgi (1914), Germana Malabarba (1913), Carla Marangoni (1915), Luigina Perversi (1914), Diana Pissavini (1911), Luisa Tanzini (1914), Carla Tronconi (1913), Iole Vercesi (1916), Rita Vittadini (1914). Tutte formatesi alla Ginnastica Pavese, club che oggi come allora aveva sede in via Porta, fondato nel 1879 da quattro volenterosi che certo non immaginavano di porre le basi di una storia infinita e gloriosa. L’allenatore è Gino Grevi, padre di Vittorio (che sarà grande giurista): un profondo conoscitore di sport, severo ma che per le sue ginnaste-bambine è come un padre.
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Dopo aver sbaragliato la concorrenza, ottenendo che sia proprio il team della Pavese a rappresentare la nazione ai Giochi 1928, Grevi ha un’intuizione: capisce che tutta Pavia deve sostenere le sue ragazze, e allora le fa allenare nei giardini del Castello Visconteo, in modo da avere gli occhi della città addosso. Il viaggio verso l’Olanda avviene in nave, sul piroscafo Selunto: Carla Marangoni, mancata nel 2018, a 102 anni, ultima superstite di quella mitica squadra, racconterà che a lei e le sue compagne erano riservate lussuose cabine. Le Olimpiadi hanno aperto da poco alle donne, ma le ragazzine pavesi - maglia azzurra, pantaloncini bianchi, capelli raccolti con un nastrino - non si fanno sopraffare dall’emozione: terze dopo la prima prova, sorpassano le ungheresi e chiudono seconde, battute solo dalle padrone di casa.
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Un argento storico. Lo si capì già allora, tanto che il regime, tradizionalmente maschilista, non esiterà a sfruttare il successo a fini propagandistici e Mussolini vorrà premiare personalmente le brave pavesi. Lo è diventato ancora di più nel tempo, visto che bisognerà aspettare fino al 2021 per un’altra medaglia, sempre d’argento, della ginnastica femminile azzurra, con Vanessa Ferrari a Tokyo.
Franco rosa, presidente del club: «Dieci presenze ai Giochi»
«L'argento rappresenta un traguardo straordinario per la ginnastica artistica femminile italiana - commenta il presidente della Ginnastica Pavese, Franco Rosa - vedendolo in tv mi è scappata qualche lacrima di commozione. E quella del 1928 non è stata l'unica partecipazione di atleti della Pavese a un'olimpiade, ne contiamo ben 10: tre nella ginnastica artistica femminile (Amsterdam 1928, Londra 1948, Helsinki 1952); due nell'artistica maschile (Los Angeles 1932 e Berlino 1936); una nella ginnastica ritmica (Sidney 2000) e tre nel sollevamento pesi (Parigi 1924, Los Angeles 1932 e Berlino 1936)». —