Pavia. «La giustizia è lenta? A questo si risponde con più personale negli uffici giudiziari, non con riforme calate dall’alto che appesantiscono il lavoro del magistrato, burocratizzandolo. Vogliamo aprire un dialogo con la società civile, per spiegare tutto questo, in un momento storico in cui il nostro ruolo è messo in discussione». Chiara Giuiusa, 41 anni, magistrata della procura di Pavia, ha le idee chiare sugli obiettivi del suo mandato: da pochi giorni è presidente della sezione pavese dell’Anm, l’associazione nazionale magistrati. É stata eletta all’unanimità dall’assemblea, che è stata l’occasione per affrontare i problemi che affliggono gli operatori di giustizia, fare il punto su come è cambiato il lavoro dopo la riforma Cartabia e sulle prospettive che si aprono con la legge Nordio.
L’Anm da subito si è mostrata contraria alla riforma Cartabia. Può spiegare in concreto, a chi non è addetto ai lavori, perché siete critici?
«Si parla tanto di velocizzare i tempi della giustizia, ma alcuni meccanismi si stanno dimostrando controproducenti. La riforma Cartabia ha introdotto dal gennaio 2023 una serie di complicazioni, come gli obblighi di comunicazione mensili al procuratore, che a sua volta ha l’obbligo di comunicazione presso la Corte di Appello. Dobbiamo rendicontare, per esempio, tutte le volte che non abbiamo sentito la persona offesa entro tre giorni e quando l’abbiamo sentita. Se calcoliamo il numero di fascicoli che ci arrivano si può comprendere la mole di lavoro: in sei mesi, da gennaio a giugno di quest’anno, in media i magistrati della procura di Pavia hanno ricevuto a testa 450 fascicoli noti (cioè con indagato già identificato) e altri 450 con indagato ignoto, ai quali abbiamo dovuto aggiungere tutta la parte di comunicazioni formali. A complicare il quadro anche l’introduzione di una App per la digitalizzazione del procedimento, che invece di semplificare ha rallentato il lavoro. Noi vorremmo aprire un confronto con gli avvocati per far capire in concreto come funzionano questi aspetti e alla società civile vorremmo spiegare che quello che sta succedendo è molto grave».
A cosa si riferisce?
«La nostra società si basa sul principio di separazione dei poteri: l’indipendenza del magistrato è una garanzia, non il privilegio di una casta. Se a indagini in corso viene commentato il merito di un provvedimento dicendo che ostacola l’attività politica, come sta succedendo per l’inchiesta di Genova, si sta dicendo che chi ha un mandato elettivo non è uguale agli altri cittadini. Noi siamo un servizio e un servizio prestato da un giudice che ha paura di un’azione disciplinare o da un pubblico ministero che non è indipendente, non è un servizio nell’interesse del cittadino. A noi pubblici ministeri hanno insegnato che siamo il primo giudice del fascicolo, se riteniamo di chiedere l’archiviazione lo facciamo, perché non siamo solo “l’accusa”».
Su questo c’è un equivoco di fondo sul magistrato della procura, percepito come una specie di giustiziere.
«E invece le statistiche dicono che almeno il 50% dei nostri fascicoli si concludono con richieste di archiviazione».
Che poi a volte anche questo per l’opinione pubblica non va bene.
«Ma il punto è che il magistrato non deve preoccuparsi dell’opinione pubblica o delle reazioni che una certa decisione avrà a livello mediatico».
Parliamo della legge Nordio: introduce importanti novità, come l’interrogatorio prima dell’arresto e l’abolizione del reato di abuso d’ufficio.
«Novità a nostro avviso non condivisibili. L’interrogatorio preventivo comporterà una discovery degli atti del pm. La reazione mediatica che prima era sull’ordinanza del giudice da domani sarà solo sulla richiesta del pm, che verrà messo da solo alla berlina mentre il giudice non sarà sereno nel prendere una decisione. Ma l’interrogatorio preventivo avrà effetti anche sul pericolo di fuga, che magari prima non c’era e può sorgere dopo. Si introduce anche il Gip collegiale per la custodia cautelare in carcere: a Pavia ci sono quattro gip. Come si farà a formare i collegi? Si inseriscono insomma complicazioni sul presupposto di una sfiducia».
Una sfiducia nel lavoro del magistrato?
«Questo è un momento storico molto difficile: c’è una lontananza rispetto alla società civile che in altri periodi ha sostenuto il nostro lavoro. Vogliamo cercare per questo forme di dialogo, anche se sappiamo che più si fa sofisticato il livello di complicazione introdotto nel nostro lavoro, più diventa difficile spiegarlo alla gente».
Ma volete provarci. E come? Il magistrato, anche per la segretezza delle indagini, è percepito come chiuso in una torre d’avorio.
«La sicurezza del nostro lavoro e la segretezza vanno garantite, perché ci occupiamo della vita delle persone. Altra cosa è il dialogo con la società civile: stiamo pensando ad alcune iniziative pubbliche, ad esempio nelle scuole, trovando parole semplici per spiegare qual è la nostra paura: perdere l’indipendenza di giudizio».
L’associazione – Rappresenta il 94,74% dei magistrati italiani ma non è un sindacato
L’Associazione nazionale magistrati (Anm) è l'organismo rappresentativo, senza carattere politico, che raggruppa i magistrati italiani in servizio. Non è un sindacato, perché non ha potere di contrattazione sulle retribuzioni, che sono stabilite con decreto ministeriale. Gli iscritti, al 2021, sono 9.149 su 9.657 magistrati italiani (il 94,74%). È guidata da un comitato direttivo centrale eletto ogni quattro anni e composto da 36 membri. La sezione pavese è presieduta da Chiara Giuiusa, che succede alla magistrata Camilla Repetto, che tra qualche mese lascerà la procura di Pavia per Genova, dove lavorerà all’ufficio del Gip. La sezione ha anche un segretario: è il giudice del dibattimento Vincenzo Giordano. All’ultima assemblea, che ha portato all’elezione di Giuiusa e a cui hanno partecipato magistrati del settore penale e civile, si è fatto il punto della situazione e si sono fissati gli obiettivi, che vanno nel senso di una continuità con il lavoro già intrapreso verso una maggiore apertura nei confronti della società civile. Sono andate in questa direzione alcune iniziative organizzate con gli avvocati, come il presidio davanti al tribunale sul tema dei suicidi in carcere.