foto da Quotidiani locali
PAVIA. E’ uscito tra il 1730 e il 1740 dalla bottega cremonese di uno dei più celebri liutai al mondo. Costruito da Antonio Stradivari insieme al figlio Omobono, il preziosissimo violino, proprietà di un collezionista privato straniero, sarà il protagonista del concerto Stradivari per la gente che si terrà venerdì 15 maggio (ore 21) nella basilica di San Teodoro a Pavia, dedicato all’avvocato Federico Martinotti, profondo conoscitore di musica classica.
A suonare l’antico violino - dal valore inestimabile - è da tempo il giovane ma talentuoso musicista Lorenzo Meraviglia, primo violino del quartetto d’archi dell’Accademia concertante di Milano.
Sarà con lui il violoncellista pavese Giovanni Maccarini, diplomato al Conservatorio Vittadini di Pavia con il massimo dei voti, che già sta calcando i palcoscenici di tutta Europa. «Eseguiremo brani che danno la possibilità di esprimere voci straordinarie con gli archi – anticipa Lorenzo Meraviglia – Dal Romanticismo fino ai primi del Novecento con Ravel e il suo omaggio a Debussy che era appena scomparso.
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A promuovere l’evento è Alfonso De Nicola, che condivideva la passione per la musica classica con l’amico di una vita, l’avvocato Federico Martinotti, scomparso quattro anni fa. E a lui ha voluto dedicare la serata.
Il concerto è anche l’occasione per celebrare il cinquecentenario degli affreschi di Bernardino Lanzani, nella controfacciata della basilica di San Teodoro, che raffigurano la città di Pavia ai tempi della Battaglia che cambiò le sorti dell’Europa.
Martedì mattina, nel salone Teresiano della Biblioteca Universitaria, che ha ospitato la presentazione del concerto, Lorenzo Meraviglia ha accennato ai Capricci di Paganini, concedendo un breve saggio del timbro armonioso del “suo” strumento. In un contesto altrettanto speciale: la sala settecentesca che racchiude nelle scaffalature in legno 45mila libri antichi .
Il prezioso violino è stato realizzato a Cremona in un periodo che va dal 1730 al 1740 da Antonio Stradivari e suo figlio Omobono, esperto restauratore e intagliatore
Appartiene alla ristretta cerchia di quelli definiti “dalla grande voce”. Si apprezza - fa notare l’Associazione nazionale liuteria artistica italiana – er l’ottimo stato di conservazione e la gran quantità di vernice originale gold-orange- brown ancora presente soprattutto sul fondo. Il riccio, e in particolare la minuziosa finitura della chiocciola, rivelano la mano di Omobono che ha lavorato in bottega dal padre insieme al fratello Francesco.
A Omobono sono attribuiti diversi strumenti, forse in numero maggiore rispetto a Francesco, ma - conosciuto per la sua indole scapestrata - non risulta che ebbe mai un’etichetta a stampa (motivo per cui la datazione non è incasellabile in un anno preciso ma in un decennio).
Di Omobono si possono contare tuttavia pochissimi esemplari ancora esistenti, tutti catalogati e censiti, e sono oggetto di ricerca da parte di facoltosi collezionisti e di rinomati concertisti per le grandi qualità foniche e timbriche.
Dopo la morte del padre, nel 1737, i due fratelli continuarono a lavorare nella bottega di Cremona, avendo tra gli allievi, Domenico Montagnana, Alessandro Gagliano, Lorenzo Guadagnini. —