foto da Quotidiani locali
VIGEVANO
Le Suore Maddalene traslocano da Vigevano. La storica istituzione, arrivata in città nel 1879 e stanziatasi in corso Genova per aiutare orfani o bambini con problemi familiari, sconta come molte altre il crollo delle vocazioni e l’età sempre più avanzata delle religiose. Qualche giorno fa la madre generale delle Figlie di Gesù Buon Pastore (popolarmente definite “le Maddalene”) ha scritto al vescovo di Vigevano Maurizio Gervasoni, comunicando la volontà di chiudere la sede vigevanese, trasferendo le suore nella struttura centrale. Il trasferimento si concluderà entro fine giugno, lasciando però vuota solo una parte della sede vigevanese, dove resteranno almeno per il momento la fondazione Madre Amabile (con gli alloggi destinati a minorenni e maggiorenni) e alcuni servizi della Caritas, mentre la chiesa di San Giorgio Maggiore manterrà la gestione affidata ai credenti di rito ortodosso-romeno. L’immobile è da tempo utilizzato da molti soggetti e i vari contratti di uso resteranno in vigore: un’eventuale modifica della destinazione d’uso pare improbabile.
«Si tratta di istituzioni e servizi radicati e fondamentali per la comunità – ha dichiarato il vescovo confermando l’arrivo della comunicazione ufficiale – e non abbiamo intenzione di perderli. La città non può lasciare andare qualcosa di così importante e significativo».
Un invito alla città di non abbandonare la speranza di poter mantenere tutti i servizi attualmente svolti in corso Genova e che gli sforzi, in attesa di un incontro ufficiale tra la madre generale e il vescovo, siano tutti proiettati in questa direzione. Sulla sede, poi, c’è un diritto di prelazione da parte della diocesi che è una sorta di automatismo quando una congregazione decide di chiudere una sede. Ovviamente andrà valutata anche l’opportunità a livello economico . «Ho appreso con grande dispiacere la notizia – commenta il sindaco Andrea Ceffa –. Le Maddalene hanno fatto tanto per la nostra città». Curioso il rischio che, a fianco dell’ex macello, possa un giorno aggiungersi l’ennesimo “contenitore” vuoto. Oliviero Dellerba