PAVIA. Sette anni di carcere per avere abusato di una sua allieva di 14 anni. La Cassazione, respingendo il ricorso della difesa, ha confermato il verdetto di colpevolezza, pronunciato nel 2023 dalla Corte di Appello di Milano, per un professore di 40 anni di Pavia. Il docente, insegnante di italiano in una scuola media della città, era stato licenziato per questa vicenda e si trova agli arresti domiciliari dall’aprile 2021, quando fu arrestato. Per lui, ora, si apriranno le porte del carcere.
Il reato di violenza sessuale è infatti ostativo, cioè non si possono chiedere, in questa fase, misure alternative al carcere. L’uomo dovrà restare in cella minimo un anno, per il periodo cosiddetto di osservazione, poi il suo avvocato potrà chiedere alcuni benefici come l’affidamento in prova ai servizi sociali. Una procedura, comunque, che sarà sottoposta alla valutazione del Tribunale di sorveglianza. Le generalità dell’imputato non vengono rese note soltanto per tutelare la vittima e impedire la sua identificazione.
I risarcimenti
Con la Cassazione la sentenza di condanna diventa dunque definitiva ed è confermata anche la provvisionale di 70mila euro alle parti civili (ragazza e genitori), rappresentate dall’avvocata Alessandra Stefano.
Su questo fronte è stato avviato anche un procedimento civile (seguito per la famiglia della vittima dall’avvocata Luisa Flore), che prevede il pignoramento dei conti e degli immobili dell’imputato ai fini del risarcimento, ancora da definire con precisione davanti al giudice civile.
La denuncia e l’arresto
La vicenda comincia a maggio del 2019, quando la ragazza frequenta la scuola media, e si protrae fino al 2021, l’anno in cui i genitori della giovane fanno denuncia e il prof finisce agli arresti domiciliari. La storia viene alla luce durante le sedute di psicoterapia che la studentessa decide a un certo punto di intraprendere per affrontare alcune sue fragilità. In queste sedute la giovane parla con la terapista anche di una relazione che da un po’ di tempo la disturba, con un uomo che è stato suo professore alle medie e che ha continuato a frequentare anche quando ha iniziato le scuole superiori.
L’adolescente spiega alla sua terapista di sentirsi plagiata dall’adulto, con il quale aveva iniziato uno scambio basato sulla sua passione per la letteratura, che con il tempo si era trasformato però in un rapporto di soggezione, da cui faticava a uscire. Sentita dal magistrato l’adolescente fornisce altri dettagli e anche le indicazioni precise di due appartamenti utilizzati per gli incontri con il prof. La procura acquisisce anche il suo diario.
«La 14enne é stata plagiata»
Per gli inquirenti l’adolescente è stata indotta dal professore ad avere una relazione con lui. Il docente, come ricostruisce il capo di imputazione, ha abusato delle «condizioni di inferiorità psichica e fisica della vittima al momento del fatto, derivanti anche dall’ammirazione che ella provava nei suoi confronti». In particolare l’uomo l’ha invitata più volte a vedersi dopo la scuola per approfondire temi di letteratura «facendola, in tal modo, sentire “privilegiata”» e creando così le condizioni per abusare di lei.
La difesa
Dal suo canto il docente, nel corso dei tre gradi di giudizio, non ha mai negato la relazione con la vittima, ma ha smentito i rapporti sessuali. «È una sentenza che mi amareggia sotto il profilo professionale e umano perché la ritengo molto ingiusta – dichiara l’avvocato Francesco D’Andria di Milano, difensore dell’imputato –. Stiamo parlando di una relazione che si è sviluppata nell’età del consenso della minore, che aveva più di 14 anni».
Nel ricorso in Cassazione il difensore aveva messo in discussione proprio il concetto dello stato di induzione. «Inoltre i giudici di Pavia e Milano non hanno tenuto conto della prova fornita dal diario, dove la stessa giovane negava la costrizione – aggiunge l’avvocato –. Ho riportato in Cassazione un caso analogo, discusso davanti al tribunale di Reggio Emilia, che ha prosciolto un imputato per un caso simile dopo avere disposto una perizia sulla capacità della minore di esprimere liberamente il consenso». —