PAVIA. Non c’è più un pericolo di inquinamento delle indagini, mentre restano in piedi i «gravi indizi di colpevolezza» in relazione all’accusa di peculato per l’ex presidente di Asm Pavia, Manuel Elleboro, e per il direttore generale Giuseppe Chirico. È la sintesi delle motivazioni, depositate ieri, con cui il Riesame a dicembre ha annullato gli arresti domiciliari per entrambi gli indagati nell’ambito dell’inchiesta Clean, coordinata dai magistrati Andrea Zanoncelli, Alberto Palermo e Chiara Giuiusa. L’annullamento dell’ordinanza, spiegano i giudici di Milano Monica Amicone, Anna Magelli e Veronica Tallarida, è quindi dovuta più a una questione di forma (la non sussistenza delle esigenze cautelari) che di sostanza.
L’aumento di stipendio
Nei due diversi provvedimenti (avevano fatto ricorso al Riesame sia Chirico, con l’avvocata Perla Sciretti), che Elleboro (con gli avvocati Marco Casali e Roberto Scheda) i giudici del Riesame ripercorrono le ragioni di accusa e difesa in relazione alla vicenda dell’aumento di stipendio di Chirico, che a gennaio del 2023 aveva assunto anche le deleghe alla direzione dei settori Ambiente e risorse umane. Un aumento di circa 15mila euro lordi l’anno, che dovevano aggiungersi ai 140mila euro annui del contratto.
Secondo la ricostruzione dell’accusa l’aumento fu corrisposto dopo l’ok del Consiglio di amministrazione ma prima del parere legale dell’avvocata Mariella Magnani. Solo dopo quel parere, che metteva in dubbio la legittimità dell’aumento (o comunque dava indicazioni di verifica), Chirico restituì, in tre rate, l’aumento di stipendio corrisposto per un mese, ad aprile. Che l’aumento di stipendio fosse quantomeno controverso lo dimostrerebbe il fatto che del Cda che decise quell’aumento furono redatte quattro diverse versioni del verbale, ricondotte a un errore dell’impiegata Elisa Bacaloni. La quale, però, intercettata mentre parlava con un avvocato, diceva di aveva ricevuto una lettera di contestazione da Elleboro ma di non avere commesso alcuno sbaglio e di sentirsi solo «un capro espiatorio». Sul tema dell’aumento è stato sentito anche Riccardo Torlaschi, ex direttore generale di Asm, che aveva ricoperto quelle deleghe senza avere mai chiesto un aumento di stipendio, perché gli incarichi erano già compresi in quelli previsti dal contratto.
Intercettazioni e interrogatori
Proprio le intercettazioni di Elisa Bacaloni «se indubbiamente denotano il tentativo di conferire una mera parvenza di legalità ad un aumento retributivo del tutto verosimilmente non dovuto» non sono, per il Riesame, la dimostrazione che esiste «un pericolo concreto per la genuinità della prova da assumere nel corso delle indagini», perché «non rivelano l’intenzione da parte degli indagati di rendere versioni dei fatti inquinate».
Anzi, secondo il Riesame, le persone sentite finora hanno dato un quadro che sembra piuttosto confermare l’ipotesi dell’accusa. Tra queste sono citate, oltre a quella di Torlaschi, anche la testimonianza di Giovanni Biolzi, dirigente dell’Urbanistica del Comune di Pavia, e di Cinzia Zerilli, presidente del Consiglio sindacale di Asm da luglio 2020, che ha dichiarato: «L’atteggiamento del Cda di Asm non era da società pubblica, il Cda gestiva la società come fosse propria, come fosse una società privata. La cosa più grave di questa vicenda era che il verbale che loro dicevano di avere realmente approvato non era coerente a come erano andate le cose, perché Chirico stava prendendo già le indennità in assenza di parere legale».