Per diversi anni Luca Bossaglia ha aperto le porte della sua “casa d’artista” di Pavia alle visite del Fai. Più facili da vedere sul posto i grandi (e pesantissimi) alberi in rame che non da trasportare in una galleria per una mostra. Questa volta però, per il Comune di Stradella, farà un’eccezione: da venerdì a domenica l’artista pavese esporrà 31 opere, tra sculture e quadri, nella sala della cultura Ugo Magnani, in municipio. Una retrospettiva del suo lavoro dal 1990 a oggi, benché lo scultore da tempo sia tornato alle sue passioni giovanili, la musica e la composizione.
Rame, ottone, bronzo vetro, murrine, pietre veneziarn, legno, coralli, terracotta, pietre di fiume, rocche vulcaniche di Stromboli, conchiglie, ceralacca. Ogni scultura è un pezzo unico. Nella luminosa casa affacciata su piazza della Vittoria, a Pavia, ce ne sono trecento. Nessuna in vendita. «Fanno parte della casa, della mia storia» confida, geloso, Bossaglia. Alcune sono partite in passato per Chicago, Tel Aviv, Milano ma ora rimangono ben salde sotto il bel soffitto affrescato della casa pavese del loro creatore.
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Laureato in Scienze Naturali, Luca Bossaglia ha insegnato educazione fisica nelle scuole pavesi per decenni. L’arte, invece, è sempre stata un rifugio, il canale privilegiato di comunicazione, lo strumento per esprimere i pensieri.
Rame e zolfo, come un alchimista
Fino a qualche anno fa forgiava le sculture in un laboratorio all’ultimo piano del palazzo: quasi l’antro di un alchimista, tra canne per soffiare il vetro, pinze, martelli, zolfo e fuoco, fiamma elettrica per saldare i tronchi degli alberi.
Musicista e pittore si è avvicinato alla scultura solo nel 1990, a 47 anni. «Ho cominciato usando lastre di rame al posto della tela – racconta – Dopo averle trattate con zolfo e fuoco le dipingevo. Poi sono passato a lavori tridimensionali, via via sempre più grandi, utilizzando anche la fiamma ossidrica».
Sono nati i grandi dischi di ispirazione medievale, quelli del Sole, le torri di Babele, gli alberi della vita. Ogni tassello, anche la più piccola murrina, ha un significato simbolico.
Dai rami aggrovigliati, accanto alla finestra aperta sulla piazza, pendono piccoli oggetti di vetro, scacchiere bianche e nere che indicano «gli opposti in mezzo ai quali l’uomo, nella vita, fa le sue scelte», e poi spirali a significare l’infinito o scale a pioli per esprimere il tentativo di elevarsi, tutte metafore della vita.
Simboli e metafore
«Il sole rappresenta la nascita, la luna a falce la morte – spiega Bossaglia – l’occhio è la conoscenza e il serpente non è per me quello biblico ma richiama la passione che avviluppa l’uomo. Passione per la cultura, l’arte, l’amore, la musica. La civetta, uccello di Mercurio, incarna l’intelligenza».
Ogni opera ha un titolo e un significato ben preciso. «Le gabbiette che penzolano dai rami e racchiudono forme danno l’idea del corpo che contiene lo spirito – spiega ancora Bossaglia –. L’anima non invecchia, il corpo invece sì e può diventare una gabbia. E le gabbie limitano anche i pensieri, la libertà».
In uno dei tanti biglietti scritti a mano, appesi a un albero nel cortile di ingresso, si legge: «Tutto quello che la tua mano sarà capace di fare finché ne hai forza, fallo. Perché non c’è azione, non c’è invenzione, non c’è pensiero, non c’è sapere nella terra dei morti».
«E’ una frase di Salomone che mi guida da sempre – dice l’artista – I miei lavori esprimono con una certa malinconia l’idea della fragilità dell’esistenza umana, della perdita della memoria di chi siamo stati da parte di chi ci succederà». —
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