VARZI. «Se la strada non è contrassegnata con appositi cartelli di divieto e non è sottoposta a particolare tutela la si può tranquillamente percorrere in moto». Questa, in sintesi, la massima con la quale la Corte d’Appello di Bologna, sul ricorso di un motociclista, ha annullato la contravvenzione di un endurista che aveva percorso un sentiero di montagna. E così, nei giorni scorsi, cinque enduristi, di cui tre oltrepadani – fermati e sanzionati per aver percorso una strada agro silvo pastorale in moto da enduro – hanno presentato ricorso al giudice contro la Comunità Montana che si è poi costituita a giudizio.
Anche se la decisione bolognese, peraltro sostenuta da una vecchia sentenza della Corte di Cassazione, andrebbe a scontrarsi con l’ultimo decreto legge: «indipendentemente dal titolo di proprietà, la viabilità forestale e silvo-pastorale e le opere connesse sono vietate al transito ordinario e non sono soggette alle disposizioni discendenti dagli articoli 1 e 2 del Codice della Strada». Insomma, la viabilità forestale non corrisponde a quella stradale, avendo leggi proprie.
Ma, basta la norma o, come sostengono i cinque motociclisti, le strade vietate alle moto devono essere indicate da apposita cartellonistica? «Noi siamo rispettosi della montagna – dice Davide Rota, presidente del Cer Lombardia (Escursionisti su ruote) e che fa parte dei cinque multati –, non andiamo in moto sui prati o sui sentieri degli escursionisti, ma le strade agro silvo pastorali devono essere indicate dai cartelli. Non basta che non siano asfaltate per essere vietate. Su questo le sentenze sono chiare». La parola, di nuovo, la giudice.