Pavia, il concerto: mercoledì sera il musicista uruguayano, grande virtuoso del bandoneon, suonerà brani di Piazzolla e Bacalov accompagnato dai Solisti di Pavia
PAVIA. Con il suono del suo bandoneon ha reso immortale (e da Oscar) la colonna sonora de Il postino di Neruda, scritta nel 1994 da Luis Bacalov. Mercoledì 7 giugno, alle 21, Héctor Ulises Passarella sarà a Pavia, al collegio Fratelli Cairoli, insieme ai Solisti di Pavia per inaugurare la rassegna Cortili in musica, organizzata dalla Fondazione I Solisti di Pavia, con il sostegno di Fondazione Banca del Monte di Lombardia e il patrocinio del Comune.
Passarella, compositore e arrangiatore, è considerato uno dei più grandi bandoneonisti al mondo e tra i più interessanti compositori di tango moderno. La fama di questo grande artista, nato in Uruguay nel 1955, è cresciuta con l' interpretazione da solista nel film Il Postino e per le collaborazioni con le maggiori Orchestre Sinfoniche.
Il concerto, dal titolo Noche de tango, prevede un programma di musiche di Piazzolla, Bacalov e dello stesso Passarella. Sul palco con lui Sergio Lamberto e Pierantonio Cazzulani (violini), Marcello Schiavi (viola), Jacopo Di Tonno (violoncello), Dante Fabbri (contrabbasso).
Quanto presto nasce il suo amore per il tango?
«Ci vorrebbe molto tempo per spiegare che per noi il tango è una cosa naturale. Il tango nasce in Uruguay e Argentina anche se è più conosciuto come argentino. Era la musica che ascoltavo continuamente e me ne sono innamorato, così come i viennesi amano Mozart»
Il bandoneòn non è uno strumento facile. Pesa molto, la disposizione delle note è diversa per la mano destra e quella sinistra.
«Mi aspettava già prima che nascessi. Mio padre ne era appassionato e ne aveva pronto uno per me. E’ uno strumento che ho preso a 8 anni e a 11 suonavo nell’orchestra con i professionisti. E’ il mio strumento, è molto difficile ed è un peccato che qui in Italia non si conosca tanto. Il 95% dei bandonenonisti in Italia non suona con lo stile vero del Rio de la Plata, di Astor Piazzolla, Alejandro Barletta e Renè Marino Rivero, che è stato il mio maestro. Non sono d’accordo con quello che vogliono far passare per la filosofia del tango in Europa».
Perché?
«Per noi è una cosa completamente diversa. In Europa è un fenomeno commerciale. Invece il tango è rinnovamento, creazione continua. Per noi è musica, non è solo ballo. E la musica, per crescere, deve essere studiata e imparata da chi la suona. Altrimenti è come sentire la tua lingua con un altro accento ».
Lei vive in Italia. Un’emigrazione al contrario?
«In effetti i miei bisnonni erano di Potenza, in Basilicata. Sono partiti per l’Uruguay a fine ’800. Io poi sono venuto in Italia, a Macerata. Ma il tango, va ricordato, nasce dagli italiani. Da quel sentimento di assenza, da quella solitudine che provarono gli emigranti in quei Paesi dopo aver lasciato qui i loro cari».
Cosa le ha lasciato l’esperienza de Il Postino?
«E’ stata bellissima. Un lavoro di poco tempo, con Bacalov abbiamo creato in un paio di giorni sia la colonna sonora sia il disco. Mi sono accorto subito che era un lavoro che avrebbe dato soddisfazione e così andò. Non c’è paese al mondo dove io non suoni quella melodia. Dalla platea si alza sempre una voce che la chiede.
La suonerà anche a Pavia?
«Di sicuro, è brano che mi ha accompagnato sempre in questi ultimi 30 anni».
