PAVIA. Miliardi di tonnellate di plastica stanno letteralmente soffocando mari e oceani, mettendo a rischio la sopravvivenza di flora e fauna, minacciando anche la salute umana, con conseguenze ancora da valutare in modo preciso ma sicuramente presenti. Tuttavia, non è troppo tardi per porre rimedio a una trasformazione non dovuta a cause naturali, ma alla mano stessa dell’uomo.
Se ne parlerà lunedì 20 marzo alle 18 nell’Aula Magna del collegio Cairoli di Pavia, prendendo spunto da «Plasticene. L’epoca che riscrive la nostra storia sulla Terra» (Il Saggiatore) del biologo marino Nicola Nurra, ricercatore dell’Università di Torino e collaboratore dell’Istituto delle Scienze marine di Venezia, nonché fondatore e presidente della cooperativa di monitoraggio ambientale Pelagosphera, che dialogherà con Solveig Tosi, docente responsabile dei laboratori di Micologia del Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente dell'Università di Pavia, attiva nel campo della ricerca e applicazione di ceppi fungini utili alla degradazione di idrocarburi, plastiche, gomme e pesticidi.
Tante le questioni da affrontare, connesse ai cambiamenti climatici: la perdita di biodiversità, l’alterazione delle correnti oceaniche, l’assottigliamento delle calotte polari, l’incremento di fenomeni fisici come l’albedo (il potere riflettente di una superficie) che amplificano il riscaldamento globale; i gas serra e gli effetti che provocano a livello oceanico di riscaldamento, acidificazione e deossigenazione.
Ci sono delle nazioni-canaglia maggiormente responsabili del “plasticene”?
«Nessuno si salva del tutto – risponde Davide Barbieri, referente provinciale di Plastic Free onlus, che modererà l’incontro – in generale paesi come l’India e la Cina che producono a basso costo hanno grosse responsabilità. L’Europa, va detto, qualcosa di positivo ha fatto negli ultimi tempi».
Quali i rischi per l’uomo?
«La presenza di plastica nel sangue è potenzialmente nociva, anche se studi e valutazioni sono in corso».
Che cosa andrebbe fatto subito?
«Mettere al bando i sacchetti da imballaggio e i tessuti in fibra sintetica che rilasciano plastica».
Esiste una dead line?
«Ancora non è stata fissata. Un regolamento Ue del 2021 vieta la produzione e la vendita di piatti, bicchieri e stoviglie in plastica. Servirebbero altre leggi e norme più severe, ma le lobby della plastica fanno resistenza a una messa al bando totale».
Sono già stati messi a punto sistemi per limitare l’inquinamento da plastica?
«Siamo a livello sperimentale. Ad esempio sul fiume Aniene sono state posizionate delle barriere che trattengono la plastica, impedendo in ultima analisi che finisce in mare. A Pavia c’è un progetto per il monitoraggio delle quantità di plastica nel Ticino che attende i finanziamenti».