CasteLnuovo. Ora non c’è più nulla da fare, anzi, tutto il possibile è stato fatto senza esito e non è rimasto che accordare le soluzioni per alleviare le uscite dei lavoratori. E’ infatti definitivamente finita la storia industriale della ditta Acerbi, di Castelnuovo Scrivia: la storica azienda produttrice di cisterne per il trasporto di carburante e gpl, con la firma avvenuta dei verbali di conciliazione per gli ultimi dipendenti rimasti. La società era passata di mano nel 2019, rilevata da un altro produttore italiano del settore, la toscana Menci spa, ma nonostante la solidità di tale gruppo, si è arrivati alla chiusura dello stabilimento nel Tortonese a seguito degli aumentati oneri di mantenimento, sia per il costo dell’affitto dell’area che per la sua gestione, oltre che per gli aumenti di costi legati alla situazione economica, alle materie prime, all’energia, in parte alle conseguenze della guerra in Ucraina, che ha modificato molto le dinamiche di mercato del settore.
La sorpresa
La primavera scorsa «la società proprietaria ha dichiarato di avere problemi di sostenibilità industriale e quindi di prospettiva nel sito di Castelnuovo Scrivia – avevano spiegato i sindacalisti di Fiom Cgil e Uilm Uil – la notizia aveva colto tutti di sorpresa, soprattutto i 48 dipendenti del sito produttivo, per i quali l’unica soluzione prospettata era un ipotetico ricollocamento in un altro sito in zona o nelle sedi di Castiglion Fiorentino e Treviso». In vari modi si è percorsa la soluzione di cercare un’alternativa sede in zona, che fosse meno onerosa nei costi di mantenimento, coinvolgendo anche le istituzioni locali, ma non si sono trovate le condizioni adatte. Dei 48 dipendenti iniziali, poi rimasti 43 dopo le prime avvisaglie, alcuni hanno avuto opportunità di ricollocarsi cambiando lavoro in questi mesi, altri hanno invece chiesto di andare nel percorso dalla Naspi (l’indennità mensile di disoccupazione), in attesa di trovare un nuovo lavoro, altri erano ancora in carico all’azienda e tra loro alcuni hanno accettato l’incentivo all’esodo e la conseguente richiesta di cassa integrazione proposta al ministero dalla Fiom Cgil e dalla Uilm Uil. Gli ultimi verbali di conciliazione sono stati firmati il 31 gennaio e ora il sito produttivo è definitivamente chiuso, ponendo la parola fine a un’altra storica azienda di un territorio sempre più depresso industrialmente. —
Stefano Brocchetti
