Un quotidiano locale racconta le storie, i personaggi, le polemiche che nascono e si svolgono su un territorio, ora come allora: che senso ha rileggere queste cose a un secolo di distanza? In occasione della presentazione del progetto di digitalizzazione della Provincia pavese lo abbiamo chiesto a Guido Bosticco, esperto di comunicazione, docente di scrittura all’università di Pavia e autore, tra le altre cose di “Costellazioni. Sette lezioni sulla comunità” (editore Guerini) con Marco Dotti: «Al di là del grande valore documentale e culturale - spiega Bosticco - , che permette di ricostruire la memoria di un territorio attraverso una narrazione meno formale, rispetto a quella storica istituzionale, rileggere il quotidiano locale dopo cent’anni può darci una visione prospettica, nel tempo, dei luoghi in cui viviamo oggi. Ce li spiega meglio. Un famoso geografo, Elisée Reclus, disse che la geografia è storia nello spazio e la storia è geografia nel tempo. Cioè: se cinque secoli fa avessimo potuto mettere una macchina fotografica, poniamo, in Piazza Vittoria, e se avesse scattato una foto al giorno, oggi comprenderemmo ogni cosa di quello spazio: come mai quei bar sono nati lì, perché i portici sono stati fatti in quel modo, come è nato il Sottomercato, perché la piazza si chiama così eccetera. Ogni sasso in terra avrebbe un senso per noi. Il tempo ci dà molte spiegazioni sullo spazio come è oggi. Rileggere storie del passato ci aiuta a comprendere il luogo in cui viviamo».
In che modo il quotidiano locale contribuiva 150 anni fa a costruire l'identità locale? E ora?
«Nel 1870 l’Italia era un progetto nella mente di pochi e sarebbe diventato negli anni successivi un contesto di vita per tutti. Il quotidiano locale era, insieme a pochissimi altri strumenti di comunicazione, il mezzo di costruzione delle relazioni, dava il senso di ciò che accadeva ma che non potevi vedere di persona, ti diceva come procedeva il mondo, quello attorno a te, dando un ordine, una gerarchia e, in fondo, un senso alle cose. Insieme a ciò, contribuiva a diffondere e uniformare la lingua, che è uno degli elementi cardine dell’identità. Oggi forse questa funzione è venuta meno. Ma per molte persone rimane un oggetto di affetto e abitudine; per altre un interlocutore istituzionale, per altre un appiglio sicuro a inizio giornata, per altre la fotografia sintetica del territori».
In che modo è cambiato il modo di raccontare le cose?
«Certo, il racconto dei fatti si è modificato anche in funzione del tempo che noi lettori dedichiamo alla lettura e al modo che abbiamo di leggere. Oggi teniamo tra le mani uno smartphone, che è anche uno strumento di informazione e che ha dettato nuovi tempi e nuovi spazi per la lettura e, quindi, per la scrittura. Nel tempo gli articoli si sono accorciati, la scrittura è diventata più semplice e diretta, ma parallelamente si stanno sviluppando modelli di informazione più approfonditi, i cosiddetti longform, spesso composti da testi e video. In altre parole, è decisamente aumentata la varietà delle informazioni disponibili. In alcuni casi la qualità è molto bassa, ma in altri casi è notevole. Sta a noi lettori superare la pigrizia che ci porta ad accontentarci della prima risposta che il motore di ricerca o, peggio, la bacheca del social ci offrono o ciò che la app preseleziona per noi. Io credo che il giornalismo abbia un futuro radioso davanti a sé. Solo che non è la continuazione del passato».
E in che modo, un quotidiano locale può ancora farsi interprete di una comunità locale in maniera positiva se è ancora possibile?
«La “polifonia” informativa in cui siamo immersi ha indubbiamente tolto lo scettro al quotidiano locale. Non conosco i dati, ma immagino che la popolazione dei lettori della Provincia Pavese non sia giovanissima. E, a questo proposito, digitalizzare l’archivio può rendere il giornale più cool anche per chi non sfoglierebbe mail la versione di carta. Magari un profilo Instagram che ri-racconta i fatti del giorno a distanza di 150 anni potrebbe perfino avere un certo successo e creare una community di curiosi. In ogni caso, il quotidiano locale è ancora una presenza forte, sebbene meno vistosa. Le sue notizie vengono riprese dai media nazionali, rimbalzano sui social, il giornale di carta si trova nei bar, si discute e si litiga sulle notizie appena lette. A me capita spesso, se sono in un’altra città, di sfogliare il quotidiano mentre bevo un caffè e poi cominciare la conversazione con il mio interlocutore locale, prendendo spunto da una notizia appena letta. E così la relazione parte meglio: sei, in qualche modo, già un membro della comunità o almeno ti interessi ad essa. Inoltre il giornale locale sancisce, nel bene o nel male, quali sono le cose che “fanno” la città: i fatti di cronaca, la politica, lo sport, la cultura, gli spettacoli. Se è scritto sul giornale non è ininfluente. Anche per i detrattori e gli snob». —
