Gli agricoltori: «Quest’anno abbiamo avuto più richieste del passato. Prodotto redditizio e rispettoso dell’ambiente»
LUNGAVILLA. Enormi distese gialle e arancioni che spezzano l’alternanza di terreni e vigneti. Negli ultimi anni anche nella nostra provincia, e soprattutto in Oltrepo Pavese, sia in pianura che in collina, si è registrato un vero e proprio boom nella coltivazione dei girasoli. Secondo un'elaborazione di Coldiretti Pavia su dati regionali, in tutta la provincia ci sono poco più di mille ettari coltivati a girasole, con un aumento che segue il trend nazionale di circa il 4% della superficie rispetto allo scorso anno.
Nuova avventura
Redditività e sostenibilità ambientale sono i motivi principali che hanno spinto tante aziende agricole del territorio, impegnate da anni nella coltivazione soprattutto di cereali, a lanciarsi in questa nuova avventura. «Praticamente tutto è partito dai prezzi troppo bassi degli altri prodotti – spiega Riccardo Lodigiani, titolare di un’azienda agricola biologica di Lungavilla, che ha anche 10 ettari coltivati a girasole –. Fino a 20 anni fa, al tempo dei nostri genitori, le coltivazioni tipiche del nostro territorio erano erba medica, grano, barbabietole e un po’ di mais, mentre adesso ogni anno bisogna seguire le tendenze del mercato. Così, ultimamente, complice anche le campagne contro l’utilizzo dell’olio di palma, c’è stato un grosso aumento della richiesta di olio di semi di girasole, specialmente biologico. Il prezzo è buono e la domanda non manca. Pertanto, nonostante solitamente cresca nei terreni più poveri come quelli delle colline del Centro Italia, il girasole si sta affermando anche nei nostri terreni come una delle colture più remunerative. Quest’anno abbiamo avuto più richieste di quello precedente».
Con quotazioni raddoppiate rispetto a quelle dei cereali: per il raccolto di quest’anno, che prenderà il via tra qualche settimana, si prevedono prezzi di 600 euro a tonnellata per il girasole biologico e di 350 euro alla tonnellata per quello convenzionale, a fronte di una remunerazione di 300 euro a tonnellata per il grano tenero bio. La produzione media è di 35 quintali ad ettaro. C’è poi l’aspetto ambientale, visto che il girasole è una coltivazione a minimo impatto, che porta anche dei benefici per l’habitat circostante: «Diciamo che è un buon compromesso tra spese e ricavo – aggiunge Christian Schiapparoli, agricoltore proprietario di un campo di girasoli di 4 ettari a Campospinoso –. Avendo bisogno di poca irrigazione consente un risparmio di acqua e i trattamenti sono ridotti al minimo; quindi, non c’è bisogno di utilizzare concimi chimici».
E si salvano le api
Nei campi di girasole, inoltre, si radunano le colonie di api, che in questo modo sono protette dai veleni che vengono sparsi nei campi e che ne uccidono a migliaia: «Tra i girasoli le api hanno la possibilità di riprodursi e così aiutano noi agricoltori perché impollinano i fiori e la frutta che poi cresce nei nostri terreni» conclude Schiapparoli. Al termine del raccolto, che viene fatto con una mietitrebbia in modo da separare i semi dal resto della pianta, i girasoli non vengono più piantati nello stesso terreno per almeno un paio d’anni e ruotano con le altre colture. «Finito il raccolto, in quel campo si piantano magari frumento o soia e poi, dopo 2-3 anni, si torna a coltivare il girasole. In questo modo, se la pianta dovesse essere ammalata, non si trasmette la malattia al raccolto dell’anno successivo» concludono gli agricoltori. —