Il Comitato tecnico scientifico "rimanda alle valutazioni del decisore politico", ma non dà il via libera: "Situazione ancora rischiosa, va anche valutato l'impatto della riapertura delle scuole e delle nuove varianti del virus"
ROMA. «Non c’è alcun via libera del Comitato Tecnico Scientifico alla riapertura della ristorazione nelle zone e negli orari che attualmente ne prevedono la chiusura». Lo precisa lo stesso Cts, dopo che sui media si era diffusa una interpretazione opposta (quella cioè di un sostanziale via libera del Cts alla riapertura serale dei locali), spiegando che «nel verbale della riunione del CTS del 26 gennaio 2021 vi sono indicate, anzi, alcune considerazioni sul rafforzamento delle misure restrittive adeguandole alle caratteristiche strutturali dei locali e alla tipologia del servizio reso».
«Una rimodulazione dei pacchetti di misure potrebbe modificare l'efficacia nella mitigazione del rischio». È quanto in effetti ha risposto il Comitato tecnico scientifico alla richiesta arrivata dal ministero dello Sviluppo economico sulla riapertura di pubblici esercizi. «Circa la previsione di rimodulazione delle misure previste nelle diverse fasce di rischio», sottolineano gli esperti nel parere, «si rimanda alle valutazioni del decisore politico». In ogni caso, sempre relativamente ai rischi, «andrebbero considerate le diverse tipologie dei pubblici esercizi, distinguendo» tra ristoranti e bar.
Il documento del Mise con il quale si proponeva l'adozione di misure finalizzate «a favorire la ripresa delle attività nel settore dei pubblici esercizi, in particolare bar e ristoranti», era stato analizzato dal Cts nella riunione del 26 gennaio. E gli scienziati, già nella premessa, ricordavano che la situazione epidemiologica attuale, «pur mostrando una lieve diminuzione dell'incidenza nel paese, evidenzia ancora un rischio moderato/alto con un elevato impatto sui servizi assistenziali nella maggior parte delle regioni e province autonome». Sottolineando come il settore della ristorazione «presenza alcune criticità connesse all'ovvio mancato uso» delle mascherine, con «potenziale aumento del rischio in presenza di soggetti asintomatici».
Non solo, dice il Cts, ci sono altri due fattori che richiedono «altri elementi di cautela» nelle scelte da fare «prima di adottare ulteriori allentamenti delle misure di contenimento». Il primo è la ripresa delle scuole in presenza, per il quale bisognerà attendere almeno 14 giorni per valutarne l'impatto; il secondo è correlato «all'andamento in Europa della pandemia, che rimane a livelli di alta circolazione registrando, tra l'altro, una possibile maggiore trasmissibilità» dovuta alle varianti del virus. Per questo, è la conclusione degli scienziati, «circa la previsione di rimodulazione delle misure previste nelle diverse fasce di rischio, specificatamente per il settore della ristorazione in zona gialla e arancio, si rimanda alle valutazioni del decisore politico, segnalando tuttavia che una rimodulazione complessiva dei pacchetti di misure potrebbero modificare l'efficacia nella mitigazione del rischio.
Sul tema insiste la Coldiretti. È una «necessità» per ristoranti, pizzerie e agriturismi «duramente provati dalle chiusure forzate» quella di riaprire fino alle 22 nelle regioni zona gialla: ne sono convinti il presidente di Coldiretti Ettore Prandini e il consigliere delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia, che si associano alla richiesta fatta al governo dal presidente della Lombardia Attilio Fontana e dall'assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi. La possibilità di apertura serale a cena, è la loro stima, vale l'80% del fatturato. E questo non riguarda solo i locali ma «a valanga interi settori dell'agroalimentare Made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore stimato in 9,6 miliardi nel 2020» a causa del lockdown.
E anche Confcommercio Lombardia e Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) plaudono alla richiesta fatta al governo dal presidente regionale Attilio Fontana e dall'assessore allo Sviluppo Economico, Guido Guidesi, di permettere al più presto la riapertura dei ristoranti alle 22. «Si tratta di un passo in avanti molto significativo - dice Confcommercio -. Aperture più ampie, nel pieno rispetto dei protocolli per la sicurezza anti-Covid, costituiscono una boccata d'ossigeno necessaria per una graduale ripartenza dopo mesi di chiusura con attività ridotta al minimo». «Bene hanno fatto i vertici regionali a sollecitare il Governo. Abbiamo lavorato con il Comitato Tecnico Scientifico e il Ministero dello Sviluppo Economico - spiega Lino Stoppani, presidente di Fipe Lombardia e presidente nazionale Fipe - proprio per dare un segnale di fiducia al mondo della ristorazione, individuando diversi profili di rischio. La riconquista della cena consentirebbe ad oltre 45 mila imprese lombarde della ristorazione di incrementare l'attività. Inoltre, più ampia apertura dei pubblici esercizi favorisce il consumo, fa da volano a tutto il commercio e dà un effetto psicologico positivo per una ripresa delle relazioni sociali».