Ok il bel calcio, ma ci vogliono i trofei
Manca ancora una partita (domenica con l’Atalanta) prima che il calendario chiuda l’anno solare, ma in casa Inter il momento delle riflessioni è già arrivato. Il 2025 sta per andare in archivio lasciando una sensazione difficile da decifrare: la squadra gioca bene, a tratti benissimo, ma il dato che pesa come un macigno è uno solo. In bacheca non è entrato nulla.
L’ultima occasione, la Supercoppa in Arabia, si è dissolta nel modo più crudele possibile. I rigori, si sa, sono una lotteria, ma certe ferite restano. E non possono essere liquidate solo come sfortuna.
Il discorso, infatti, va oltre il campo. Anche la società è chiamata a un esame di coscienza. Guardando indietro, a gennaio 2025, sarebbe forse bastato un innesto offensivo in più, una vera alternativa davanti, per cambiare il finale di uno scudetto sfumato per un solo punto. Così come l’assenza di Dumfries ha mostrato tutta la fragilità di una rosa senza ricambi all’altezza in un ruolo chiave. Senza dimenticare un’estate vissuta più di attese che di colpi concreti, con i nomi di Lookman e Koné rimasti poco più che suggestioni.
Eppure, in mezzo alle ombre, c’è una luce che non va ignorata. L’Inter passerà il Natale in testa alla classifica. Un traguardo tutt’altro che scontato, soprattutto dopo quattro sconfitte in Serie A e un’estate tutt’altro che lineare. Segno che la squadra c’è, è viva, ed è competitiva.
Il vero limite, però, è sotto gli occhi di tutti: i big match. Troppe partite pesanti sfuggite di mano, troppi momenti chiave gestiti male quando il margine d’errore era minimo. Si parla di episodi, di presunzione, di cattiva sorte. Ma forse il problema è più profondo: a questa Inter è mancata quella ferocia emotiva che separa le squadre belle da quelle vincenti. Non il gioco, non la qualità, ma la fame.
Ed è qui che entrano in gioco i leader. Bastoni, Barella, Dimarco e capitan Lautaro: colonne tecniche e morali di questo gruppo, chiamate a fare un passo in più quando la pressione sale. Nemmeno Cristian Chivu, nonostante il carisma e il forte senso di appartenenza, è ancora riuscito ad accendere definitivamente quella scintilla nei momenti decisivi.
Il calendario, intanto, non fa sconti. La Dea è in ripresa e sarà il nostro prossimo avversario prima di chiudere definitivamente il 2025, poi un inizio gennaio di fuoco con Bologna, Parma e Napoli. Tre big match nelle prossime quattro gare. Un crocevia emotivo prima ancora che tecnico.
Il bilancio, oggi, resta amaro: zero trofei. Ma proprio da questa consapevolezza deve nascere il salto di qualità. Perché questa Inter gioca un calcio bellissimo. Adesso deve imparare a renderlo pesante. A trasformarlo in vittorie. A farlo diventare storia.