La quota di importazioni di gas russo dell’Italia può essere stimata in oltre 6 miliardi di euro per gli anni pre-Covid, mentre il valore supera i 29 miliardi di euro ai costi attuali. La dipendenza dalla Russia non è stata sempre uguale, ma si è notevolmente aggravata in anni recenti. Mentre nei primi anni Duemila la quota russa copriva circa un terzo dei consumi nazionali di gas, nelle settimane che hanno preceduto l’aggressione all’Ucraina siamo arrivati quasi a metà (45%) per un volume complessivo che supera i 30 miliardi di metri cubi. Se contiamo quanto gas importa l’intera Europa (Turchia inclusa) arriviamo a 170-180 miliardi di metri cubi. La politica di avvicinamento alla Russia perseguita negli ultimi anni è frutto della volontà di sganciarsi dalla dipendenza dall’Algeria (oggi al 31% del totale), per anni primo paese fornitore di gas del nostro Paese, ma considerato instabile dal punto di vista geopolitico.
Oggi proprio all’Algeria torniamo. In realtà già ci garantisce circa 21 miliardi di metri cubi di gas all’anno ma l’obiettivo è quello di raggiungere i 29 miliardi di metri cubi, 2-3 miliardi nel giro di poco tempo e altri 4-5 miliardi nel giro di 5 anni. Un accordo, siglato con Eni e il presidente Abdelmadjid Tebboune, che passa anche da una collaborazione per sviluppare energie rinnovabili e idrogeno verde oltre a un rafforzamento degli accordi bilaterali. Un’intesa vissuta con forte malcontento dalla Spagna che subirà un indebolimento dei rapporti commerciali a seguito della tensione con Algeri per i rapporti con il Marocco nella partita del Sahara Occidentale. Di fatto l’Italia - pur non entrando nel merito della questione - è diventata una pedina di Algeri per dare uno schiaffo a Madrid fino ad oggi mercato di riferimento per il loro gas. Nella rincorsa per raggiungere un’autonomia dal gas russo il nostro Paese scopre il fianco per il cambiamento dei delicati equilibri del Mediterraneo. E siamo solo all’inizio. L’Algeria è infatti il primo paese di un tour che vedrà impegnati i ministri Di Maio e Cingolani in Stati che di stabilità ne hanno ben poca. Già sappiamo dell’accordo con l’Egitto per il rifornimento di gas liquido, poi ci sono i viaggi in agenda in Congo, Angola e Mozambico.
Paesi con cui, nostro malgrado, andremo a stringere accordi partendo da una posizione di debolezza e che ci renderanno vulnerabili quando si tratterà di prendere posizioni scomode di politica internazionale. Trovarsi di nuovo in una posizione di ricatto è prevedibile: dovremo quindi da subito ripartire dagli investimenti sulle fonti verdi in cui l’Italia è stata una pioniera. È stata appunto. La quota di energia pulita sul mix elettrico nazionale era del 39% nel 2014 ed è stata solo del 37% nel 2021. La Norvegia insegna: pur essendo un grande esportatore di gas naturale si riscalda facendo affidamento sulle fonti rinnovabili e il 96% dell’energia elettrica arriva dagli impianti idroelettrici. Quindi, per intenderci: deve la sua ricchezza a gas e petrolio ma in casa sua non li usa. Il contrario esatto di quello che facciamo in Italia dove non sfruttiamo neppure quello che abbiamo a disposizione incastrati in un groviglio di veti: sull’impatto ambientale delle pale eoliche, del fotovoltaico, delle trivelle e ora perfino dei rigassificatori come dimostra il caso Piombino in cui, negli ultimi giorni, ci sono state polemiche e perplessità per un progetto appena abbozzato. Anche la costruzione di nuovi rigassificatori non può che essere una risposta all’emergenza dal momento che il gas naturale liquefatto ci aiuta a variare le fonti di approvvigionamento in tempi rapidi ma presenta non poche controindicazioni: costa molto ed è “accessibile” solo con contratti a lunga durata con gli Stati Uniti. Sempre meglio dell’Angola o del Qatar che, secondo notizie esclusive diffuse dall’agenzia Reuters, daranno altro gas all’Europa guadagnandoci l’accantonamento di un’indagine antitrust proprio sui contratti energetici e un impegno più blando nelle lotte per il riconoscimento di maggiori diritti alle donne, ai lavoratori e alle comunità lgbt. L’omosessualità è considerata illegale ed è previsto il carcere. «Abbiamo sbagliato pensando di approvvigionarsi da un solo Paese e stiamo sbagliando anche oggi rivolgendoci a Stati tutt’altro che stabili e vicini ai nostri valori», va ripetendo Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil. «Preferiamo, pur avendo 80 miliardi di metri cubi di gas nell’Adriatico, lasciarli a due piattaforme croate da cui poi lo riacquistiamo a tre volte il prezzo». Ma non solo. Da anni in Italia è stata abbandonata l’attività di ricerca di giacimenti di gas e il Pitesai, il piano di Cingolani, continua ad escluderla per molte aree del Paese. La Toscana non è fuori da queste dinamiche anche se politicamente la Regione sta cercando di massimizzare le risorse a disposizione. Parlano le posizioni dell’assessora Monia Monni sul piano eolico in Mugello, sul coordinamento del piano dei rifiuti e sullo sfruttamento dell’energia geotermica.
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