PISTOIA. Era stata una passante a udire le urla provenire da una finestra del secondo piano e a telefonare al 113. Ed era stato proprio quando i poliziotti erano arrivati sul posto che dal portone d’ingresso era uscita una donna che a fatica si reggeva in piedi, con sul collo delle vistose macchie rosse, evidente segno lasciato da due mani che stringevano. Erano all’incirca le quattro del pomeriggio dello scorso 18 giugno. Poco dopo, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate, a finire in manette era stato il figlio della donna. Non nuovo, tra l’altro, a quel tipo di violenze: in seguito alla denuncia sporta da uno zio il 9 giugno, proprio il giorno precedente, al termine di un’indagine d’urgenza, la procura aveva depositato contro di lui una richiesta di misura cautelare.
Insomma, una lunga serie di violenze che, nell’aula del tribunale collegiale, è stata ripercorsa dalla madre del 32enne pistoiese, sul banco degli imputati nella prima udienza del processo che, difeso dall’avvocato Sara Mazzoncini del foro di Prato, lo vede accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali.
Oltre alla madre, che ha ripercorso la vicenda di maltrattamenti culminata con l’arresto del figlio, anche quest’ultimo è stato ascoltato dai giudici. E a loro ha spiegato che quella che si viveva all’epoca dei fatti in casa era una situazione altamente conflittuale, a cui a volte, di fronte a continue provocazioni da parte della madre, replicava con scatti d’ira ma mai con violenza.
Fatto sta che il giorno successivo all’arresto in flagranza, il giovane (di cui non facciamo il nome per non rendere riconoscibile la vittima) era stato interrogato dal giudice delle indagini preliminari, che gli aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari col braccialetto elettronico. Misura a cui si trova tuttora sottoposto.
Come accennato, l’episodio avvenuto il 18 giugno in pieno centro storico, a Pistoia, sarebbe stato solo l’ultimo di una serie di violenze da parte del giovane. Non solo nei confronti della madre, ma anche della propria compagna, tutti conviventi: offese, minacce di morte e percosse, negli ultimi tempi sempre più frequenti, come aveva denunciato ai carabinieri il 9 giugno precedente lo zio del giovane, preoccupato per quello che stava accadendo in quella casa.
Nei giorni successivi i militari dell’Arma avevano raccolto le testimonianze delle vittime e degli assistenti sociali che seguivano il nucleo familiare, delineando il quadro che aveva portato il pm a chiedere la misura cautelare. Che non aveva potuto essere applicata in quanto, proprio il giorno dopo, c’era stato l’intervento dei poliziotti della squadra volante della questura, che al loro arrivo si erano trovati di fronte la madre del giovane in stato di choc, che respirava a fatica, tanto che avevano dovuto farla sedere a terra davanti a casa. Per poi salire al secondo piano e prendere in consegna il 32enne, dopo aver aperto la porta con le chiavi della madre visto che lui non aveva nessuna intenzione di uscire.
La donna, portata in ospedale, aveva poi raccontato che quel pomeriggio il figlio l’aveva aggredita: saputo che c’erano delle indagini nei suoi confronti, l’accusava di essere stata lei a denunciarlo. L’aveva spinta contro un armadio strappandole i capelli e agguantandola per il collo (ieri il giovane ha sostenuto in aula di averla soltanto scossa tenendola per le spalle). Le urla della donna erano state sentite da una passante, che aveva chiesto aiuto alla polizia. Quando il figlio era andato in bagno minacciando che quando sarebbe uscito l’avrebbe buttata giù dal terrazzo, la donna, a fatica, era riuscita a scappare in strada.
Prossima udienza del processo, il 16 aprile. A salire sul banco dei testimoni, toccherà ai testimoni della difesa.
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