FIRENZE. Un anno. Dodici mesi di tempo per studiare il keu "cattivo" (gli scarti delle ceneri di conceria) e capire come interagisce con l’ambiente esterno. E prevedere come arginarlo. Una volta per tutte.
Il progetto ha un costo complessivo di 194mila euro (di cui 97mila finanziati dalla Regione Toscana e altrettanti dall’Università di Pisa) e sarà realizzato dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana e il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. «Vogliamo indagare come agisce e come potrebbe comportarsi nel corso del tempo il riciclato contenente keu prodotto da Lerose nelle matrici ambientali - spiega Monia Monni, assessora regionale all’Ambiente -. La ricerca durerà un anno e verrà condotta con strumenti molto sofisticati. Una volta conclusa, contiamo di ottenere informazioni preziose che ci aiuteranno a indirizzare le successive operazioni di messa in sicurezza e bonifica». Sì perché - in parallelo rispetto all’inchiesta giudiziaria - l’Arpat sta portando avanti un’indagine amministrativa. «L’obiettivo - spiega il direttore Pietro Rubellini - è capire se in Toscana ci siano altri siti contaminati oltre ai tredici già individuati».
Tre sono di competenza regionale: i due impianti di Lerose e la strada regionale 429, nell’Empolese-Valdelsa. Lì, dove la natura appare ancora immutata rispetto al passato, per la procura di Firenze gli interessi della’ndrangheta si sarebbero intrecciati con la politica. Le ceneri di conceria, ancora inquinate, non sarebbero finite in discarica come avrebbero dovuto. No. Secondo gli inquirenti, sarebbero diventate parte integrante della massicciata di un tratto della strada regionale 429, nell’Empolese. In sostanza, il keu "cattivo" in uscita dall’ex inceneritore Ecoespanso, gestito dal consorzio Aquarno di Santa Croce sull’Arno, secondo la procura arrivava in un altro impianto per essere miscelato con materiali da costruzione da usare, appunto, come riempimento. Ottomila tonnellate sarebbero state nascoste lì sotto. E chissà dove ancora. In attesa che l’indagine si concluda, questo nuovo studio sul keu sarà avviato, proprio da oggi.
«Il keu - aggiunge il direttore di Arpat - è un rifiuto di cui abbiamo una buona conoscenza: è classificato come speciale ma non è pericoloso. Se correttamente smaltito non crea problemi. Quelli che invece si sono verificati con l’aggregato contenente keu ottenuto dalla ditta Lerose, di cui invece non abbiamo una conoscenza altrettanto buona, soprattutto per quanto riguarda il suo comportamento nelle varie matrici ambientali. Per farlo lavoreremo in stretto contatto con l’Università di Pisa».
«Questo accordo costituirà un momento di crescita per il dipartimento e per l’Ateneo pisano che avranno l’occasione di affrontare la sfida dello studio scientifico di un’emergenza ambientale in Toscana», concludono i professori Luca Pandolfi e Riccardo Petrini.
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