Da oltre due anni il mondo è sconvolto da una pandemia che ha mietuto milioni di vittime.
Una pandemia che ha messo in ginocchio l’economia di intere nazioni, precarizzato ogni aspetto della quotidianità, dal lavoro alla mobilità, dalle relazioni sociali all’istruzione dei figli. Quando ci si rese conto degli effetti devastanti di Covid19 si disse: «Nulla sarà più come prima». Sembrava una enfasi retorica e invece il diffondersi del contagio e le sue continue varianti hanno dimostrato che sí i nostri modi di vivere, lavorare, studiare produrre, consumare devono essere profondamente ripensati.
Il Covid 19 - cosí come il cambiamento climatico - ci obbliga a fare i conti con i limiti di uno sviluppo fondato sulla esasperazione della competizione globale e con le conseguenze nefaste che suscita la forzatura di quei limiti. E soprattutto la pandemia obbliga il mondo intero a nuovi comportamenti.
In primo luogo assicurare l’accesso universale ai vaccini a tutte le nazioni, a partire dalle più diseredate, là dove il flagello di Covid 19 si cumula con la fame, la povertà, il sottosviluppo e strutture sanitarie inadeguate. Saremo davvero sicuri infatti soltanto se tutti saranno sicuri: da questa elementare deduzione discende che anche le relazioni tra paesi ricchi e nazioni povere dovranno cambiare. Brevetti, royalties, esclusività produttive, devono cedere il passo al diritto alla vita di ogni donna e ogni uomo del pianeta.
Alla disponibilità di vaccini e farmaci si devono affiancare politiche che consentano ai paesi fragili di rialzarsi, riducendone il debito, promuovendone uno sviluppo sostenibile e umano con investimenti e risorse.
Altra scelta ineludibile è cambiare radicalmente il modo di guardare al welfare, riconoscendo che le risorse impiegate nella spesa sociale – a partire dalla spesa sanitaria – non devono essere considerate un costo, ma un vero e indispensabile investimento. Veniamo da anni in cui in ogni nazione l’obiettivo di mantenere i conti pubblici in equilibrio si è tradotto in una compressione continua della spesa sociale e una riduzione delle risorse per la salute, l’educazione, la ricerca, il sostegno alle persone fragili. E l’epidemia ha messo a nudo l’esito di quelle politiche: l’insufficienza delle terapie intensive, delle strutture ospedaliere e di ricovero, della medicina territoriale, dei farmaci e del materiale sanitario, rendendo evidente quanto i costi umani e sociali di politiche miopi siano enormemente e dolorosamente superiori ai benefici contabili.
Cosí altri cambiamenti stanno ridisegnando la nostra vita. Pensiamo a come il lavoro a distanza ha sollecitato e accelerato un’alfabetizzazione digitale, modificando qualità, quantità e produttività delle prestazioni lavorative e sollecitando l’invenzione di nuove forme contrattuali e normative per la tutela del lavoro e dei suoi diritti. Pensiamo a come sia urgente porre rimedio ai traumi prodotti nei minori dall’isolamento domiciliare e dal venir meno della quotidianità di vita scolastica. E analogamente la necessità di rinnovare gli strumenti di sostegno alle persone più esposte al virus - gli anziani, i minori, le persone fragili - a cui occorre restituire sicurezza e serenità.
Così come la facilità di diffusione del contagio sollecita a riprogettare spazi abitativi, di lavoro, di svago, di relazione superando megalopoli e urbanizzazioni forzate – la Cina insegna– esposte a esiziali promiscuità. Ed è cambiato il modo di comunicare: Internet si è confermato strumento essenziale per informare, lavorare, studiare, commerciare, mantenere relazioni e affetti, ma anche luogo di gigantesche mistificazioni pseudoscientifiche e istigazioni violente che rendono indispensabili forme di regolazione degli strumenti digitali.
Sfide che interrogano ogni nazione del pianeta. Perché questa è la lezione ineludibile che ci viene da due anni di pandemia: nessuna persona, nessuna comunità, nessun territorio, nessuna nazione si salva da sola. Se c’era bisogno di rendere evidente la dimensione globale in cui è immersa la nostra vita, Covid19 ce lo ha dimostrato. Da qui la conseguenza politica più urgente: ricostruire un sistema di governo del mondo fondato si integrazione, cooperazione, condivisione. Se i problemi sono comuni, comuni devono essere le soluzioni. E comuni e condivise le responsabilità, condizione essenziale perché il mondo esca dalla pandemia più sicuro e più giusto.
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