C’è qualcosa di struggente nella morte di un uomo che ha profondamente assaporato il miracolo della vita ogni giorno degli ultimi suoi cinque lustri, perché il dono di un organo, nel suo caso il fegato, l’ha potuto restituire all’amata consorte e ai figli, alla casa, agli hobby, in definitiva a un’esistenza “normale”. Aldo Buccarella, nel settembre del 1997 tra i primi cento trapiantati d’Italia, ultimo cantore delle tradizioni cittadine, poeta e scrittore, inesauribile autore e già direttore della Cantada, inventore del Samarc dei Bocui, soprattutto persona affabile e infaticabile, appassionato divulgatore del dialetto bisiaco si è spento venerdì all’età di 81 anni.
Lascia la moglie Marisa, i figli Gianni con Elisa ed Elena con Renato, gli adorati nipoti Alice, Luca e Martina. Il funerale si terrà mercoledì alle 12 alla chiesa di San Nicolò. L’estremo saluto, invece, all’obitorio dell’ospedale San Polo dove la salma sarà esposta dalle 10.
Al cordoglio per la perdita di una persona che tanto del suo tempo ha dedicato alla comunità, in un autentico atto di amore per la scrittura e i concittadini, soprattutto per tener vivo lo spirito dei luoghi, si è associato ieri il Comune.
È vivo, nel ricordo di tutti, la costante partecipazione di Buccarella alle iniziative culturali locali. Del 1982, l’esordio alla scrittura, con la presentazione al Palazzetto veneto di via Sant’Ambrogio, del libro di poesie dialettali “Piaza Granda”. Ne seguiranno altri, a decine. Autore prolifico, non si contano i suoi contributi, anche sui quotidiani e le riviste di settore. È stato un appassionato ghost writer del Testamento di sior Anzoleto, la maschera per antonomasia del Carnevale monfalconese, che lui stesso studiò e ricostruì nella sua genesi ottocentesca. Longeva anche la collaborazione con la Pro loco e gli altri sodalizi del territorio, su tutti il Gruppo incontri bisiachi. Fertile scrittore, immancabile l’appuntamento annuale con Al Strolego Bisiàc, sorta di calendario “mattoide” perché in pubblicazione a stretto gomito col Carnevale, per la festa del “Zobia gras”, e con termine al 31 gennaio dell’anno successivo. Ma Buccarella ha avuto dimestichezza pure con i canovacci teatrali, a cominciare da Ridendo la Cantada. Spassosi i suoi personaggi, dalle due irriverenti pettegole, la Ceta e la Beta, fino al capomastro muratore Vico Francia e ovviamente a Padre Mortadella.
Il capitolo più pregnante, tuttavia, lo ha raccontato in un’intervista a Il Piccolo uscita il 14 aprile del 2023, quando ripercorse la sua vita da trapiantato con la prospettiva di soli cinque anni di vita: abbarbicato strenuamente a questo mondo, invece li quintuplicò, con proprio, candido stupore. Nel 1997, ai primi giorni di settembre, Buccarella, radici familiari gallipoline, ex impiegato regionale dell’Ufficio tavolare di Monfalcone, fu operato da due équipe, chirurgica e medica, dell’ospedale di Padova. Cinque tentativi erano già andati sfumati. Perché l’organo di volta in volta destinato risultava deteriorato o non compatibile. All’epoca gli interventi erano pressoché pionieristici: quello di Buccarella durò 24 ore. E prima di varcare la sala chirurgica rimase due anni in lista d’attesa, neppure consapevole – forse per l’atteggiamento perennemente ottimista, al limite del fatalismo – che se non fosse stato operato proprio quel giorno, non avrebbe vissuto più di altri dieci giorni.
Uomo mite e grato, lo disse lui stesso, non passò notte, negli ultimi cinque lustri, senza rivolgere, prima di addormentarsi, un «grazie» alla famiglia dello sconosciuto donatore. Se c’è un uomo, a Monfalcone, che ha saputo apprezzare la vita, cercando di descriverne la bellezza con poesie e pure con il sorriso, da instancabile cultore della memoria, è stato Buccarella, che oggi viene pianto dai bisiachi e da tutti i sopravvissuti della sua generazione.