Passata alla storia con un epiteto spregiativo, Meretrix Augusta, prostituta imperiale, Messalina è stata sempre considerata come il ricettacolo di ogni abiezione: avara, crudele, sadica e, soprattutto, lussuriosa. Il giudizio sulla la terza moglie dell’imperatore Claudio, vissuta tra il 20 e il 48 d.C., è giunto unanime fino ai giorni nostri. Il primo a parlarne male fu Giovenale e poi da Tacito a Svetonio fino a Cassio Dione la sua leggenda nera andò arricchendosi di racconti e particolari anche grotteschi.
Addirittura Plinio il Vecchio, che si occupava di tutt’altro essendo un naturalista riporta la notizia di una gara in cui Messalina sfidò, e vinse, altre prostitute. Della Meretrix Augusta parlerà domenica 17 novembre alle 11 al Teatro Verdi di Trieste (ingresso libero) Francesca Cenerini, professoressa ordinaria di Storia romana all’Università di Bologna, che inaugurerà così l’edizione ‘24-‘25 delle Lezioni di Storia, con introduzione curata da Alberto Bollis, vicedirettore vicario di Nem, il gruppo che edita anche il Piccolo. Per l’occasione ci sarà un omaggio da parte de “Il Piccolo” e dell’editore Nem (Nord Est Multimedia): ai presenti verrà offerta una cartolina con un QR Code che permetterà di ottenere un mese di abbonamento gratuito al quotidiano digitale.
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La rassegna, ideata e progettata dagli Editori Laterza e promossa dal Comune di Trieste con il contributo della Fondazione CrTRieste, mediapartner Il Piccolo (Nem), è giunta alla decima edizione e quest’anno ha per tema “La guerra dei sessi”. Ed una guerra per il potere, condotta da uomini, è stata quella che ha condannato Messalina alla sua pessima fama. Così la pensa Cenerini, che ha studiato la condizione femminile in età romana cui ha dedicato tre libri: “La donna romana, modelli e realtà” (Il Mulino, 2002); “Dive e donne. Mogli, madri figlie e sorelle degli imperatori romani da Augusto a Commodo” (Angelini, 2009) e “Messalina. Leggenda e storia di una donna pericolosa” (Laterza, 2024).
Professoressa Francesca Cenerini, lei ha smontato il cliché cui è stata condannata Messalina.
«Ho i miei dubbi che fosse una ninfomane letale, come la dipingono Tacito e Svetonio. Secondo queste fonti il Palatino, il centro del potere di Roma, era diventato un bordello permanente. Il marito, Claudio, più vecchio di lei, era un credulone che cedeva sempre alle moine di una moglie giovane e bella. Ma non dimentichiamo che all’epoca Messalina aveva poco più di vent’anni e Claudio è stato un imperatore di polso che non andava troppo d’accordo col senato. Infatti sono proprio le fonti senatorie che ce lo descrivono come succube della moglie e dei liberti. Allora possiamo accettare la vulgata o fare il nostro mestiere di storici e andare a vedere qual è l’episodio culminante. Vale a dire un supposto episodio di bigamia. Messalina si sarebbe sposata con l’uomo più bello di Roma, Gaio Silio, che era un antagonista politico di Claudio».
Dunque?
«Si può pensare che Silio portasse avanti una congiura contro Claudio per eliminarlo e riportare il principato su una rotta filo senatoria. Fosse stato un banale adulterio tutt’al più sarebbero morti sia Silio che Messalina, invece, quando la congiura viene scoperta, Claudio condanna a morte molti sostenitori. Quindi è chiaro che era un problema politico».
Siamo nel mezzo di una lotta tra il senato e il potere dell’imperatore.
«Il discorso è sempre sessuale e non politico. Alle donne è stata negata l’intelligenza politica, sono sempre state giudicate secondo il metro della sessualità e non dell’utilizzo del cervello. Dovevano dare un figlio legittimo all’imperatore perché potesse continuare la dinastia. Tacito ce l’ha con le mogli degli imperatori perché contribuiscono a perpetuare questo istituto che lui giudica male».
Quindi nasce la leggenda nera su Messalina?
«È molto più semplice dire che Messalina era una ninfomane piuttosto che riconoscere, nonostante fosse una donna, che aveva avuto uno spazio politico. In parte a questa velina di regime contribuiscono Claudio e la sua corte, ma per me gioca un ruolo determinante Nerone, che fa assassinare i due figli di Messalina».
Lei si è occupata di storie delle donne nell’antichità. Ci sono donne che non sono state dietro le quinte?
«La storia romana non aveva donne. Un manuale di storia romana anche recente, intendo fino agli anni Ottanta del Novecento, non cita donne, si accoglievano acriticamente i racconti di Tacito e Svetonio che le mogli degli imperatori fossero tutte prostitute. Io non ci credo. E nel caso di Messalina, penso che soffrisse l’incombente presenza di Agrippina, sorella di Caligola, che aveva un figlio maschio che poteva legittimare meglio la successione di Claudio».
Agrippina che, si dice, avesse avvelenato Claudio con un piatto di funghi.
«Secondo me non aveva nessun interesse a ucciderlo, tant’è vero che si è dovuta appoggiare su altri personaggi, come Seneca, prima che Nerone raggiungesse un’età matura. Sulle donne della dinastia Giulio Claudia si è detta ogni nefandezza. Il problema è che queste mogli di imperatori facendo un figlio assicuravano la continuità della famiglia e quindi erano viste male. È l’idea della presenza femminile nei luoghi di potere politico che non è accettata. Anche ai nostri tempi si fa fatica ad accettare che una donna abbia un’autonomia e possa dire al fidanzato io mi laureo e vivo la mia vita. Anche oggi manca l’accettazione dell’autonomia di pensiero delle donne, la donna è vista come l’estensione dell’uomo e chi si ribella diventa un’eccentrica».—